218 IL TEATRO DI SAN PIETRO profetizzare un grande avvenire a Trieste. Il veneziano Lorenzo Fanoli scolpì, nel 1754, la statua in marmo di Carlo VI, che è sulla colonna in piazza dell’Unità. La statua era stata fatta in legno nel 1728 e l’aveva intagliata e indorata il maestro delle bombarde Giangiorgio Sailer con la collaborazione di due altri « scultori »: Severino Traxel e Simone Pariotti. Eccellente prodotto artistico triestino della seconda metà del xvm secolo sono le porcellane della fabbrica di Piero de Lorenzi (durata sin verso il 1797) e di quella Santini-Sinibaldi (1785): sono graziosissimi oggetti d’uso e di decorazione in biscuit o pasta di porcellana, di stile rococò, molto simili a quelli delle fabbriche veneziane e venete (fig. 35). Una decorosa povertà ebbe la vita intellettuale della città vecchia: quasi sole espressioni, le feste pubbliche e le rappresentazioni sceniche. Avevano deliberato di erigere un teatro nel 1705: ma non erano andati di là dalle deliberazioni. Spodestato il Consiglio, rimanendo inutilizzata la grande sala del bel palazzo seicentesco, vi misero dentro (1730) il teatro, che, perduta la memoria dell’ufficio avuto dall’aula, si chiamò, alla veneziana, teatro di san Pietro, dal nome della chiesa più vicina. Lorenzo da Ponte venne a mettervi in scena alcune delle sue commedie: Una rosa rara ossia bellezza ed onestà, dramma gioioso scritto per la musica di Vincenzo Martini nel 1788; L'arbore di Diana, scritto per lo stesso musicista nel 1789; L’Ape musicale ossia il Poeta impresario, nel 1792, e il Massenzio quello stesso anno. Poi sposò e partì per l’America. Nel 1785 vi fu eseguito un inno sacro o cantico di gloria per Trieste, dettato dall’abate Giambattista Casti: si eseguiva ancora, nel xix secolo, a San Pietro. Alcuni anni prima era stato a Trieste l’abate Pietro Chiari, che compose un’azione scenica (« Il tempio della Fortuna ») per l’inaugurazione del Lazzaretto. Il melodramma musicale fu particolarmente curato, quando il Comune, alcuni patrizi e i mercanti incominciarono ad arricchirsi. Prima le corté stagioni della fiera, poi le stagioni più lunghe videro sulle scene del San Pietro parecchie celebrità del bel canto. Anche la musica sacra fu oggetto di speciale amore. Si ricordano come maestri di cappella don Rocco Pasqualato (nominato nel 1746) e, alla fine del secolo, Domenico Rampini, che nel 1798 scrisse per il San Pietro L’Impresario delle Smirne; come organisti Ferdinando