492 CONGIURE DI EMIGRATI - ATTENTATO DEL 2 AGOSTO Renato Imbriani. Già nel giugno fu deciso fra gli emigrati l’attentato contro l’imperatore Francesco Giuseppe. La sorte designò a compirlo Aurelio Girardelli, giovane patriotta di nobile animo. Il quale, sentendo che le forze gli sarebbero mancate a quello scopo, si uccise. In mezzo agli emigrati consumava il cuore in un’ardente passione Guglielmo Oberdan. Egli aveva compilato un appello agli Italiani contro l’esposizione commemorativa. Ma lo tormentava la volontà di agire. Perciò alla fine del uglio, armato e soccorso dall’Imbriani e travestito, partì per Trieste. Quivi, il i. agosto, con l’intervento d’un arciduca, l’esposizione fu aperta alla presenza di soli invitati. La città — cioè la massa che più giustamente poteva rappresentarla — boicottò la mostra e è fama che quel giorno un solo viglietto fosse pagato all’ingresso. Il giorno precedente erano stati distribuiti segretamente proclami contenenti minaccie: ragione per cui anche molti invitati, impauriti, rimasero a casa. Quelli, che andarono la mattina all’esposizione, trovarono sparse nei giardini molte coccarde tricolori. Fitti cordoni di polizia e di soldati circondavano il recinto e proteggevano la cerimonia. Per il giorno seguente era indetto un corteo da una società « di Veterani », cioè di stranieri ex-soldati austriaci e di rinnegati, che con musica in testa doveva percorrere la città. Questa manifestazione aveva esasperato l’elemento più acceso. Oberdan scrisse un proclama, stampato di nascosto dai suoi amici del Circolo Garibaldi, nel quale, dopo aver protestato con roventi parole contro il governo austriaco e contro la società predetta (« formata da slavi e da tedeschi, i quali, non contenti di strappare il pane di bocca ai triestini, offendevano quotidianamente i più santi affetti dei figli di questa terra, che per diritto storico e naturale appartiene alla grande madre, all'Italia »), affermava: « La pazienza, oltrepassati certi confini, diviene viltà. Il luogotenente di Trieste, protetto dai cannoni, dalle bajonette, dai poliziotti, insulta vilmente ai deboli; i deboli rispondono come possono all’insulto. All’offesa si risponde coll’offendere; la storia giudicherà chi sia veramente il colpevole ». Oberdan fu fedele alla sua tremenda minaccia. E, quando il corteo passò per il Corso, egli, dall’alto d’una casa, gettò una bomba orsini contro i « veterani ». Un giovanetto innocente fu ucciso: parecchi membri del corteo furono feriti, qualcuno gravemente.