i78 NUOVO SCADIMENTO DELLA CITTÀ all'imperatore. Nulla fu concesso, giusta una vecchia abitudine. Il Marenzi prese possesso della sua carica. E da allora il capitano imperiale indicò quali erano le persone che l’imperatore « desiderava » fossero elette. Si stabilì anche, che i giudici resterebbero in carica non più tre mesi, ma un anno. Il Consiglio dovette piegarsi, dovette accettare anche un totale rimaneggiamento dei pubblici uffici. Ma protestò ancora, dichiarando: « E resterà solo a questa città il deplorare per sempre le sue disgrazie a causa della derogazione delle sue leggi ». La Compagnia Orientale col fallimento trasse nella sua rovina anche quel po’ di commercio che s’era potuto fare e che era stato strettamente legato al suo corpo malato. Venne poi, nel 1733, la guerra per la successione polacca a completare il disastro. La flotta austriaca del Pallavicini uscì dal porto e lece qualche presa di navi alle foci del Po: ma poi si chiuse ingloriosamente dentro il mandracchio triestino, a empirsi le carene di molluschi e a poltrire. Il commercio fu paralizzato completamente per oltre due anni. Le continue sconfitte degli Austriaci in Italia, la perdita del Napoletano e, con ciò, di alcuni di quei pochi mercati che erano congiunti a Trieste, prostrarono tutte le forze. Alle baracche della fiera fu tolto il legname per far navi: i » magazzini e il « lazzaretto sporco », finito nel 1730 al Campomarzio, divennero caserme o batterie. Il Pallavicini assunse il comando della città: una forca alzata in permanenza fuori porta Riborgo insegnò come intendesse tale comando. Carpentieri e marinai furono obbligati, con la minaccia della galera, di portarsi a Belgrado per la flotta danubiana. La conseguenza più visibile di tutti questi insuccessi commerciali e di tutte queste iatture fu che la città, che nel 1699 aveva avuto 5700 abitanti dentro le mura e 7480 nel territorio, nel 1735 ne aveva 3843 dentro (di cui 301 forestieri e 108 israeliti) e 7520 fuori. Era dunque scaduta ancora e aveva perduto quasi duemila abitanti. E doveva perderne ancora, perché proprio nel luglio del 1735 furono sfrattati tutti i « forestieri di stati esteri » e « tutte le persone inutili per essere di peso alla città ». Per fortuna dei cittadini, Venezia non era uscita dalla neutralità e perciò non aveva realizzato i piani che le aveva suggeriti Marco