4 58 DIMOSTRAZIONI PATRIOTTICHE in funzione di Consiglio provinciale) aveva rivendicato i diritti storici della città, Hermet dichiarò che non si potevano né abrogare né alienare quei diritti « senza togliere e spezzare quel nodo per cui Trieste apparteneva all’Austria ». I Triestini parteciparono fraternamente alle manifestazioni fatte nel Veneto in occasione della redenzione. Da Trieste si rimisero somme cospicue a Venezia per il monumento a Manin. Quando Re Vittorio Emanuele entrò nella città di San Marco, vi andarono tanti Triestini, che un i. r. commissario di polizia, visto il numero straordinario di passaporti chiesti, disse: « Ecco il plebiscito dei Triestini in favore del Regno d’Italia ». Il giorno stesso dell’entrata del Re fu considerato a Trieste come festivo. Furono trovati sugli alberi dell’Acquedotto cartelli, su cui era scritto: « Sì, sì vogliamo l’Italia una con Re Vittorio Emanitele ». Il 13 di novembre una quantità di Triestini si recò a Udine per acclamarvi il Sovrano. Antonio Toppan, garibaldino triestino, portò il vessillo abbrunato della sua città dinanzi a Vittorio Emanuele. Il di seguente, Leonida Rossi depositò quel vessillo nel municipio di Udine. Nel giorno che a Venezia si effettuò il plebiscito, 1’ i. r. polizia dovette cancellare centinaia e centinaia di « sì » che si trovavano scritti sui muri delle case triestine. Furono raccolti anche dei foglietti col Sì e con bandierine tricolori. Nel dicembre s’ebbe la traslazione a Trieste della salma del garibaldino Pietro Chiozza. Appena fu tumulata, molte centinaia di patriotti si diedero convegno presso la tomba, dove fu cantato il « Mise-rere ». Sul cancello della tomba stessa si vedeva un cartello con la scritta: « morto per la patria ». Un commissario di polizia volle levare questo cartello, ma fu aggredito e bastonato a sangue. Le autorità intervennero rigorosamente e, dopo aver arrestato G. B. Zanetti, il negoziante Giovanni Kramer, il dott. Giacomo Bemporath, Michele Levi, Pietro Modugno e Locatelli, buttarono in prigione altri autori della manifestazione (Giovanni Marcovich, Pietro e Natale Fabricci, Giuseppe Viviani, Luigi e Giuseppe Zmajevich, tutti del ceto commerciale) e avviarono processo contro il farmacista Farinoni, gli agenti Jona, Puppi e Luzzatti, i cappellai Virgilio Tevini e Agostino Sisti, i due impiegati giudiziari Basaldella e Zoratti, Giorgio Minas, Raffaele Nigris, Isidoro