AZIONE E RISERVE DIPLOMATICHE DI CAVOUR L’articolo del Ferrari trasse origine da un incidente diplomatico, di cui era stata allora oggetto principale Trieste. Lorenzo Valerio, r. commissario delle Marche, con un decreto dell’8 novembre aveva garantito privilegi particolari nel porto di Ancona e negli altri di quelle regioni al Lloyd austriaco, « considerando che gli ingenti capitali di cui dispone la detta società sono in gran parte capitali italiani e che la città in cui essa ha sede ha dato prove non poche e non dubbie di ritenersi appartenente all'Italia, anziché alla Germania, a cui forzatamente fu ascritta dai trattati». Il decreto, che implicitamente comprendeva Trieste nel programma unitario della nazione, era stato emanato dal Valerio in pieno accordo col conte di Cavour. Questi gli aveva scritto della grande utilità di « mantenere buone e attive corrispondenze con Trieste », dove l’idea nazionale faceva progressi. Aveva soggiunto: « non già ch’io pensi alla prossima annessione di quella città: ma perché conviene seminare onde i nostri figli possano raccogliere ». Il governo austriaco, sollevato l’incidente diplomatico, tentò di rimettere in moto il meccanismo della Confederazione germanica, che gli era stato utilissimo nel 1848. Infatti, l’inviato prussiano chiese spiegazioni in tono aspro a Torino. Cavour, per risolvere l’incidente, scrisse la nota lettera al Valerio, sconfessando la sua azione, invitandolo alla prudenza, facendogli rilevare la necessità di non inimicarsi Tedeschi, Magiari e Slavi col dimostrare a essi, che si voleva togliere all’Europa centrale ogni sbocco nel Mediterraneo, e auspicando agli splendidi progressi d’un avvenire immancabile. Merita rilievo un piccolo manifestino diffuso nello stesso anno a Trieste (cfr. fig. 67), perché contiene alcune idee analoghe a quelle espresse dal Cavour. Esso uscì senza fallo dal cerchio dei lafariniani per protestare contro le idee pronunciate dal deputato Lignana, che, secondo un uso ritornato di moda ai tempi nostri, aveva cercato guadagnarsi le simpatie degli stranieri facendo il rinunciatore. Il manifestino mette in rilievo il fatto che i Triestini, conoscendo le difficoltà diplomatiche ond’era aggravato il loro problema nazionale, sapevano di dover aspettare tempi migliori, ma afferma la loro volontà italiana, la loro fede, attestata dai volontari combattenti sotto i vessilli del Re e di Garibaldi.