LIBERTÀ REPUBBLICANE E DOMINIO AUSTRIACO 129 processo istintivo, effettuato, se si vuole, di là da tutte le intenzioni dei cittadini: ma positivo e sincero, operante come un mistero vitale nell’intima anima d’un piccolo popolo, circondato in ogni parte da stranieri e da essi insidiato. Non solo nei cittadini, sì anche negli altri era la convinzione che la città fosse libera. Il Manzuoli scrisse nel 1611, che essa viveva « alla devozione dell’arciduca d’Austria », ma che si governava da sua posta. Nel 1636, un manifesto del viceré di Napoli, parlando dei consoli che la città aveva in quel Regno, nominava la magnifica nazione tergestina: nella qual frase la parola « nazione » implicava il senso di governo libero. Verso il 1650, il già citato^ Tommasini affermò a sua volta, che Trieste gode(ya) la sua libertà, quasi picciola repubblica, ricordò il tributo del vino all’arciduca e finì dicendo che la città si governava « aristocraticamente ». Anche uno scrittore carniòlico di quel tempo, lo Schònleben, riconobbe la condizione ampiamente autonoma della città e scrisse addirittura: Tergestini separatam habent Rempublicam, i Triestini formano uno Stato separato. Fra i cittadini era tanta la convinzione di formare uno Stato libero, che il cronista Vincenzo Scussa non si peritava di scrivere, che essi si erano dati all’Austria per conservare la cara libertà. Ireneo della Croce, il primo storico triestino del xvn secolo, non esitò neppur egli ad affermare che Trieste, sotto i gloriosi auspici della Casa d’Austria, « godeva e possedeva la Libertà ». L’elle maiuscola è sua. Ireneo materiò, diremmo quasi, tutta la sua opera di affermazioni eguali a questa, cercando di ispirare nei suoi cittadini un profondo amore per questa Libertà. La città formava, anche per lui, una repubblica: « se dunque — scriveva nella sua Historia antica e moderna, sacra e profana della città di Trieste celebre colonia de’ cittadini romani — se dunque questa città pregiasi d’essere stata riconosciuta colla prerogativa di Repubblica, come a sufficienza ho dimostrato, convenevole parmi il dimostrare ch’oggidì pure gode tal prerogativa ». Si richiamava alla Cronaca di Montemuliano, ne stabiliva l’autenticità con calore, si valeva del suo simbolismo comunale e dichiarava, con storica coscienza della continuità del comune italiano e dell’italianità della storia triestina: « Li magistrati moderni della città di Trieste jin’hora successivamente conservati da’ suoi Cittadini, rap- Storia di Trieste, vol. II. 9