SANGUINOSA OPPRESSIONE 125 alcuni rimproveri in Consiglio maggiore contro il procuratore del Comune, il vecchio rettore della città, Tomaso Ustia, gli si rivoltò contro, dichiarando che Sua Signoria si pigliava autorità di far mandati contro le risoluzioni del Consiglio, il che non gli era concesso dalla legge. Replicò il Coronini con violenza, trattando l’Ustia come ribelle e minacciando di metterlo in prigione. L’Ustia ricorse alla Corte, ma inutilmente. Dopo alcuni mesi di liti, nell’aprile, i soldati arrestarono, d’ordine del Capitano, non solo il venerando Tomaso, ma anche i suoi fig. 17: G. Cornino: antipendio dell’altare del Santissimo (duomo, xvii secolo) fratelli Gian Giorgio e Aloisio, ambedue patrizi del Consiglio. Gian Giorgio tentò fuggire, mentre lo traevano in castello, ma fu ucciso dai soldati della scorta; gli altri due furono gettati nelle carceri del castello stesso. Il Pubblico a questo punto avviò processo contro il capitano, accusandolo di prevaricazione, di violazione degli Statuti cittadini, di estorsione, di concussione e d’altri crimini non meno gravi. Il capitano, a sua volta, accusò i gentiluomini del Consiglio di molti abusi, rievocò antichi loro « delitti », persino la ribellione del 1468 e la cacciata del Luogar, per dimostrare che la loro ostentata devozione all’Austria era falsità orpellata. S’intromise, come mediatore, i! vescovo Vaccano e nel marzo del 1670 fu firmato un nuovo coticordio, con reciproca remissione di accuse e di offese.