TRIESTE E LE SÈTTE PATRIOTTICHE 267 uffici fortemente snazionalizzatore, come nel resto d’Italia e più, mantenevano inestinguibile la coscienza della loro nazionalità. Dal 1824 al 1834, tanto il civico magistrato, che i cittadini guidati dal Rossetti, chiesero cinque o sei volte al governo che riaprisse il ginnasio italiano, chiuso nel 1814. La domanda fu replicata sempre invano. Tale manifestazione d’italianità fu quella, che separò più chiaramente nel campo nazionale la città propriamente detta e l’Austria. Pertanto Trieste continuò a essere compresa in tutti i programmi delle sètte patriottiche. Doveva essere una delle città della Repubblica Ausonia, propugnata già nel 1818 dai carbonari, che affermavano estendersi i confini d’Italia sino alle montagne della Croazia. Un altro progetto di Confederazione italiana, pubblicato in quell’anno, divideva l’intera Penisola in dodici regioni, di cui una doveva avere come capitale Trieste. Nel 1822 la polizia secreta riferì che la Società dei Guelfi, patriottica, intendeva mutarsi in Società Latina e aggiungere alla ripartizione dell’Italia una dodicesima provincia, con Trieste per capitale. Un progetto, presentato in quello stesso anno dai carbonari al governo inglese, definiva più esattamente i confini dell’Italia, che doveva essere fatta libera e indipendente: essa doveva arrivare, per quanto riguarda la Venezia Giulia, sino ai monti della Croazia e comprendere, non solo Trieste, ma anche Fiume. Circa in quel tempo la Società dei figli di Maria, sètta propugnante l’unità costituzionalmente federativa d’Italia, comprendeva Trieste nella Venezia ampliata. Nel 1822 s’informava la polizia che la sètta degli Amici Uniti doveva avere una baracca concistoriale nella città. Le affermazioni unitarie più esplicite a Trieste furono fatte ripetutamente da Domenico Rossetti. Già abbiamo ricordato come rispondesse a quel Tedesco, che aveva osato contestare l’italianità triestina nel 1818. Alcuni anni più tardi replicò ad un altro Tedesco, ricacciandogli in gola la negazione della nazionalità triestina. Affermazione recisa e precisa: « il Bòttiger, scrisse il Rossetti, prende abbaglio qualificando Trieste per città tedesca, giacché la sudditanza ed il reggimento di una città non può farle perdere quella nazionalità e quella geografica situazione, ch'ella ha naturalmente. Giacendo Trieste sull’Adriatico al di qua delle Alpi, non può appartenere che all’Italia, siccome anche per ogni altro riguardo vi appartenne mai sempre e vi appartiene tuttora ».