ACCUSA DI TRADIMENTO 27 In realtà, nell’ottobre, il capitano generale da mar voleva l’impresa di Trieste, ma chiedeva « zente e molte cose », che la Repubblica non poteva dargli. Nuovo spavento il 25 ottobre: centocinquanta fanti del presidio, usciti verso San Servolo, erano stati rotti dai soldati di Damiano Tarsia e del Pasqualigo: pochi erano scampati al ferro e alla prigionia. La risposta del duca all’inviato triestino fu che non poteva mandare nemmeno un uomo: provvedesse il vescovo di Lubiana, che era stato incaricato e che aveva promesso rinforzi carniòlici, carinziani e austriaci. Il Consiglio ne fu irritatissimo e se la prese con l’imperatore, a cui ricusò, il 5 novembre, il chiesto tributo delle cento orne di vino, allegando la povertà della città. Poi venne anche di peggio. Poiché la Carniola, invece di mandare rinforzi, chiese duecento pedoni a spese di Trieste per un mese. Letta la domanda al Consiglio, originò una tumultuosa discussione, in cui assai male parole furono lanciate contro i Carniòlici e contro altri responsabili. Fu deciso di scrivere al vescovo di Lubiana che i Triestini erano sazi di parole e che la nuova domanda era un’irrisione ai loro bisogni e alla loro miseria. E fu mandato ancora un oratore a Massimiliano. In risposta dei suoi rifiuti, il Consiglio si attirò, presso l’imperatore, l’accusa di essere in relazione coi Veneziani. Il 19 dicembre se ne doveva discolpare e rilevava ancora lo stato d’abbandono e di miseria, in cui giaceva la città. Non ebbe essa miglior sorte l’anno 1510, secondo della guerra. Anzi, i guai si moltiplicarono. Vero è che quell’anno le autorità cittadine fecero dipingere « un lion con un gaio su la testa e un’aquila che gli cava gli occhi », per dispregio di San Marco, sconfitto dallTmpero e dalla Francia. Ma il sentimento del Consiglio e del popolo fu assai poco rispondente a quella orgogliosa satira. Nel gennaio il canonico Giusto Staier era accusato di agitazioni politiche e condannato. La città, insoccorsa, negletta, posta da parte, si mantenne priva d’ogni spirito offensivo contro gli Istriani e i Veneziani: anzi, a un certo punto pretese commerciare con essi o con la loro autorizzazione per non vedersi catturare, come era già avvenuto, le