ELEZIONI DEL 1893 - L’AZIONE SLAVA DEL GOVERNO 509 impedire che facesse una manifestazione già progettata per le nozze d’argento dei Reali. Il governo, deciso a ritentare la battaglia, avocò a sè tutte le decisioni sui reclami elettorali: con ciò si creò la possibilità di manomettere le liste a suo piacimento. Difatti, avendo altresì operato spostamenti opportuni nella burocrazia, riuscì a riprendere il terzo «corpo » e a portare dodici candidati in Consiglio; ma, viceversa, fu sconfitto nel primo «corpo», dove i liberali ebbero una vittoria, che, tra grande entusiasmo cittadino, lasciò a loro il possesso del Comune. Il governo aveva già preparato altri piani. Gli Slavi li avrebbero dovuti realizzare. Il governatore Rinaldini, appreso l’esito della votazione del primo «corpo », disse: « Io sono spacciato, ma voi avrete al mio posto un barone slavo ». L’organo ufficioso tedesco commentò le elezioni con queste parole: «La vittoria dei liberali-nazionali sarà l’ultimo chiodo battuto sulla bara dell’italianità di Trieste ». Malgrado ciò, il barone Rinaldini rimase in città e per questa da allora fu la corsa verso una più grande vittoria. Il governo, sempre potente nelle repressioni, vale a dire nell’azione negativa, fu impotente in quella positiva. L’inasprimento della lotta nazionale in Istria suscitò profonde ripercussioni e commozione eccitatissima nell’anima popolare della città. Nel 1894 la utraquizzazione dei tribunali istriani, con l’esposizione di tabelle bilingui nelle città italiane, la esasperò veramente. L’insurrezione di Pirano le diede palpiti di vibrante fraternità. Quando i podestà dellTstria vennero a Trieste per una solenne adunanza di protesta, furono ricevuti con ardenti accoglienze della moltitudine. La violenza slavizzatrice e la meschinità poliziesca del governo —-che non si peritò di proibire l’apposizione di una lapide commemorativa di quel convegno in municipio — resero più combattiva, più generale l’avversione contro le i. r. autorità. Esse perdettero egualmente il favore di molti elementi pacefondai e sanfedisti, che sino allora erano stati fedeli. Il governo scapitò di dignità e con ciò d’influenza persino sul ceto burocratico, il quale, in più, si sentiva meno spaventato e più protetto, mentre vedeva crescere possente la massa nazionalmente avversaria dello Stato. Se le manifestazioni pubbliche, fatte in piazza e in teatro e quelle annunziate, ma vietate in Consiglio per il xxv anniversario di Porta Pia — manifestazioni che molti patriotti scontarono