POVERTÀ D’ARTE NELLE OPERE PUBBLICHE 581 grande. Un fondale forse di altrettanto effetto architettonico si sarebbe avuto, se non si fosse abbandonata un’idea nata a quei tempi per merito di Valentino Presani, che voleva elevare un tempio al termine della via Stadion (ora Battisti). Piani grandiosi, con porticati e con molte sculture, avevano preparato l’intendente Calafati e il Nobile nel 1813 per la piazza di Liitzen (ora degli Studi): ma troppo tardi. Nel 1838 si formò una società per costruire un edificio a crociera, con galleria coperta, ad uso delle associazioni mercantili. Da questa iniziativa sorse nel 1840 un palazzo con galleria, che fu disegnato dal Pizzola di Milano e che (secondo un costume non italiano) ricevette un nome: il Tergesteo. Collaborò alla costruzione anche l’architetto triestino Francesco Bruyn. Congiunte stilisticamente a quegli edifici apparvero in diverse parti in quei decenni, oltre alle già citate, alcune case dalle facciate semplici, qualche volta tagliate da colonne o lesene, tal’altra ornate semplicemente da bassorilievi in stucco o in pietra. Diedero i disegni Giovanni Righetti, Bruyn, Butti, Antonio Buttazzoni, Valentino Presani e altri. In esse trovò allora nutrimento quasi una scuola di artisti specializzati in quei rilievi decorativi, di cui esiste tuttora una rilevante quantità: erano di questo gruppo i lombardi Domenico e Nicolò Torrazza, Giuseppe Gilardini e Pietro Zandomeneghi, veneti, il ticinese Giuseppe Gaggini (che fece anche l’urna sull’altare di Sant’Antonio nuovo), il trentino Giacomo Antonini (che fece l’altare stesso), il veronese Giovanni Moradei e il triestino Moscotto. Il su citato Presani, udinese, « direttore delle fabbriche » sino al 1849, ebbe qualche merito nel disegnare il piano del nuovo quartiere di San Giacomo e nel migliorare quello di Barriera. Aveva ancora dello stile, che mancò spesso ai successori. Due edifici amplissimi, costruiti veramente per l’avvenire, restano privi di ogni carattere: sono l’Ospedale civico, finito verso il 1841 dagli architetti Antonio Iuris (che aveva deturpato nel 1838 la chiesa dei Gesuiti, mettendole l’abside piatta) e Domenico Corti, e il cosidetto Istituto dei poveri, terminato nel 1858 sui disegni di Giuseppe Bernardi. Uguale mancanza di stile e uguale povertà d’arte esibiscono, quasi con impudicizia, due edifici sacri costruiti pressoché contemporaneamente: la chiesa di san Giacomo (1854) di Giuseppe Sforzi, triestino, e quella dei Cappuccini (1857) di fra Francesco da Vicenza. La città si distingueva allora e poi per poco sentimento