l’opera dei gesuiti 139 due gesuiti espulsi dalla Boemia, una commissione del Consiglio, subendo alte pressioni, propose di trattenerli, affidando a loro l’esclusivo diritto d’insegnamento. Ma, formato il collegio, i Gesuiti vennero subito in uggia alla città. Essi furono protetti dagli Imperatori, dai capitani, da alcuni principi stranieri, come l’Eggenberg, signore della contea di Gradisca, e da elementi poco simpatici ai Triestini. Favoriti con privilegi dannosi all’erario civico, che nel 1633 provocarono un tumulto popolare, forniti di molto danaro da di fuori, di poco dalla città, essi approfittarono delle angustie dei patrizi e degli altri per crearsi, in brevissimo spazio di tempo, un vasto possesso fondiario e immobiliare: pare davvero che, vuoi col monopolio dell’istruzione, vuoi coll’acquisto di terre e di case, i Gesuiti, servi d’interessi stranieri, volessero assorbire lo spirito e il corpo della città. Donde l’avversione generale contro di loro, arrivata al punto, che il Consiglio chiese all’ Imperatore Giuseppe I l’introduzione in città dell’ordine dei Domenicani, notoriamente nemico dei Gesuiti. Divenuti strumenti politici, essi non poterono compiere nessuna missione educativa: anzi provocarono l’opposizione dei cittadini anche contro la loro scuola, dove avevano abolito l’insegnamento dell’italiano, usando esclusivo quello del latino. Ragione per cui, nel 1628, alcuni patrizi fecero istanza al capitano e a rettori, perché fosse riaperta la scuola comunale. Si opposero i Gesuiti, trascinando la lite per due anni, finché, con arbitrato di delegati cesarei, fu risolta nel senso che il Comune potesse stipendiare un precettore pubblico, ma a questo non fosse lecito insegnare altro se non lo scrivere, il leggere e il far di conti. Venne chiamato, nel 1630, Felice Fattorelli da Verona, il quale, tre anni dopo, aveva oltre cento scolari, tra i quali molti poveri aiutati dal Comune. Accorsero alla sua scuola, per apprendere l’italiano, anche alcuni elementi forestieri e stranieri. Prima della venuta del Fattorelli avevano insegnato prè Francesco Bonsini da Osimo (1601), Alessandro Bettoni de Scotto (1609) e Agostino Masi (1612). Seguirono al Fattorelli: Aloisio Corsini (1636), Gioseffo Rossetti, triestino (1645), Gianmaria Paulin (avanti il 1680), Pietro Rossetti e suo fratello Ermagora (sino al 1692), Antonio Cumini, friulano (1692), e Bartolomeo Natolini (1698). Molti patrizi ci tenevano a avere una buona educazione di lettere: parecchi si sarebbero vergognati, se stimati incapaci di comporre un