342 IL TENTATIVO MAGNANIMO Felsineo di Bologna (i. aprile), come magnanimo. Esso non riuscì. Né poteva riuscire, nelle condizioni in cui si svolgeva, dopo i fatti di Venezia. Alle molte ragioni già spiegate, si aggiunse ancora lo sgomento di certi borghesi, patriotti, sì, ma non rivoluzionari, a cui l’insurrezione e la repubblica sconvolgevano gli affari e la tranquillità. Avevano i loro simili a Venezia, dove i «borghesi, anche patriotti, erano quasi tutti paurosissimi, ipnotizzati dal lungo dominio austriaco », come scrisse il Caponi. Arrigo Hortis ricordava sempre il caso tipico d’un negoziante lombardo, certo Terni, che (a Trieste, s’intende) quel giorno di marzo scappava verso casa pien di spavento, gridando per la strada: « Han proclamàt la república! han proclamàt. la república! ». Altra ragione infine: la presenza di troppi elementi stranieri nella Guardia nazionale, già messa abilmente, da chi aveva saputo fare, in mano d’un individuo mezzo ungherese e mezzo greco, certo Mangiarly. Il movimento, nato dalla passione di alcuni patriotti, trovò largo consentimento e potè svolgersi nelle strade e nel comizio popolare, dopo essere stato preannunciato nel tristo Consiglio comunale. Come si rileva da insistenti affermazioni dell’Orlandini, larghe masse aderirono con profondo sentimento italiano. Il suo vessillo fu, presso a un nuovo cittadino, quello tricolore d’Italia. Il suo grido di libertà fu il nome d’Italia. Eruppe da animi devoti alla patria sino al sacrificio con improvviso nobilissimo slancio nazionale: ma si trovò subito arrestato dalle poderose forze, che la reazione e la viltà poterono contrapporgli. Ai discorsi dei patriotti si opposero presto quelli degli austriaci, anche di Italiani di Genova e di Napoli, i quali sparsero infami sospetti contro Venezia, dissero che voleva soggiogare Trieste, che voleva dominarla e rovinare i suoi traffici, affermarono che la prosperità dei commerci dipendeva dall’unione con l’Austria, che congiunta all’Italia, e specialmente a Venezia, Trieste sarebbe stata ridotta a villaggio... Alla diffusione di falsità si unì la distribuzione di denaro e lo sparpagliamento per la città di torme plebee del porto e degli squeri, gente esasperata dalle false minaccie veneziane o avvinazzata, comprata e lanciata alla caccia delle coccarde tricolori. In mezzo a tante sciagurate circostanze, avviluppato da tali forze, fallì, appena iniziato, il tentativo rivoluzionario del 23 marzo. Ma, se mostrò che la città come tale non ne sentì la grandezza e non ne desiderò gli effetti,