IL CONFLITTO PER LE SALINE IOI Le speranze dei salinari erano, del resto, legittimate dagli esempi vicini. Alvise Friuli, podestà di Capodistria nel 1577, dichiarava che « il fondamento della città era far sali »: i popoli transalpini accorrevano a comperarli con « 40 in 50 mille cavalli accompagnati da 30 e più mille persone, che oltra il portar che facevano le biave ed altre robe, lasciavano buona somma de danari nella città ». I Triestini sperarono eguali risorse. In quel torno principiarono a stringere la bocca della Rossandra e a serrare la valle di Zaule per far saline presso a Muggia, fuori della loro giurisdizione. Il fatto suscitò la gelosia e la paura.di Capodistria, che ricorse a Venezia: questa protestò a Vienna e ebbe ragione, giusta i trattati e le consuetudini. Ma i Triestini non obbedirono e continuarono a stabilire saline. Allora (1579) una ducale ingiunse al potestà di Capodistria di distruggerle. Il che fu compiuto « in pochissimo spatio di tempo ». Finalmente, cinque anni più tardi, ai Triestini riuscì di avere un dazio protezionistico, che gravava di 30 soldi ogni soma di vino o di sali transitanti dal territorio veneziano in quello austriaco. Il dazio colpì gravemente il commercio di Capodistria, favorendo lo smercio totale dei sali di Trieste e concentrando quivi una parte degli scambi commerciali già fatti a Capodistria. Anzi, promosse un largo contrabbando di sali dalle terre veneziane verso i vari porti arciducali dell’Adriatico e del Quarnaro. Il podestà Contarmi accennava, nel 1587, all'« accrescimento de’ negotij di Trieste » e ai danni che ne aveva Capodistria. Ma queste condizioni non durarono a lungo, poiché la Carniola mise dazi particolari anche sui vini e sulle mercanzie che venivano da Trieste. Onde, già nel 1591, il Consiglio di questa scriveva all’arciduca Ernesto della evidente rovina danno et mancamento della città, che soffriva ogni giorno più. L’ostilità fra il porto e la provincia carniòlica durava ostinata-mente. Nel 1586 i Triestini dovevano ricorrere alla Corte, nel 1590 supplicavano l’imperatrice affinché si obbligassero i loro vicini a vendere i frumenti necessari all’alimentazione della città. Più gravi furono gli incidenti che occuparono gli ultimi anni del Cinquecento e i primi del Seicento: la loro efficienza politica venne a convergere contro Venezia con la politica della Corte di Vienna e a sboccare nella guerra.