UNA GENEROSA CONGIURA 537 piccoli gesti, tanto assillanti episodi d’irredentismo: ma la lotta tra l’italianità e l’Austria prese un carattere sempre più solenne, sempre più serrato, sempre più drammatico. C’era la sensazione che si camminasse verso un epilogo. In quello stesso anno, con l’aiuto d’una spia, la polizia sventò una grave congiura, concordata da alcuni giovani in unione al generale Ricciotti Garibaldi. Con questi s’erano stabiliti i piani in un convegno notturno tenuto a Udine, al quale erano intervenuti delegati di tutte le associazioni irredentistiche del Regno: piani arditi, nobilissimi e romantici assai. S’erano allora gettati gli accordi per formare in Italia secretamente delle squadre garibaldine: altre squadre si sarebbero formate a Trieste. Il «comitato d’azione » doveva lavorare a questo scopo. E lavorò, infatti, ciascuno dei generosi membri, raccogliendo attorno a sè un gruppo di giovani, che era ignoto agli altri. Come sarebbero passati all’azione? Non lo sapevano ancora: sentivano la necessità d’un tentativo temerario e di un grande sacrificio, che ricordasse all’Italia il suo diritto e il suo dovere. Meditavano azioni belle e disperate. A quello scopo incominciò la raccolta di armi, tra cui bombe, alcune delle quali furono nascoste sotto un impiantito alla Società Ginnastica. Quando questa prima occultazione fu fatta, la spia — che partecipava al comitato — avvertì la polizia, che invase la sede della Ginnastica, arrestò il presidente, Carlo Mrach, alcuni direttori e una ventina di soci. La maggior parte furono poi scarcerati: rimasero nelle mani della polizia soltanto i membri del «comitato d’azione». Furono implicati nel complotto Giacomo Fumis, Bruno Ferluga, Garetto Rascovich, Luigi Petronio, Garibaldi Apollonio, Marcello De-paul, Napoleone Cozzi, Giusto Salatei, Federico Giuliuzzi, Oscar Suban e Felice Vidusso, conosciutissimi e instancabili organizzatori di dimostrazioni nazionali. Ma finirono nelle carceri soltanto i sei ultimi nominati: gli altri poterono fuggire a tempo. Depaul e Ferluga erano stati gli ardenti iniziatori del comitato. Il Giuliuzzi morì durante l’anno in prigionia, all’ospedale. Il Suban fu interrogato in presenza della madre sofferente: questa svenne dinanzi a lui e ai giudici, e egli, straziato, forse già vinto dal carcere, confessò alcune cose. Ma non tutto. La stessa spia non aveva narrato tutto. Così poterono evitare l’arresto Gastone Meni-canti, Almerigo Benco, che erano stati partecipi della congiura, Giacomo