336 TRIESTE, L’ITALIA E LA REPUBBLICA DI SAN MARCO buon effetto sul Veneto, produsse l’effetto contrario ». Le provincie di terraferma rimasero stupefatte della decisione presa da Venezia a loro insaputa e ne furono sconcertate. A Vicenza la proclamazione della Repubblica veneta produsse inquietudine e sgomento, come se una grande calamità avesse toccato la città. L’errore di Manin non potè non avere il massimo contraccolpo a Trieste. Il nome d’Italia poteva unire le due città in un solo voto, in una poderosa compagine. La Repubblica di San Marco, invece, non poteva non resuscitare tristi memorie, sospetti, gelosie, inquietudine. Nei nomi d’Italia e di libertà le due città avevano già confuso le loro anime migliori in un comune palpito nazionale. Il governo ripristinato col nome di San Marco doveva inevitabilmente favorire il riacuimento del municipalismo di San Giusto: una di quelle tante malattie campanilistiche, nefaste allora, riconosceva il D’Azeglio, all’unità nazionale. Il ristabilimento della Repubblica veneta in forma di Stato fece sorgere dinanzi a Trieste una falsa prospettiva nazionale e politica: la possibilità di perdere i territori istriani e friulani, ormai congiunti alle sue attività economiche, la possibilità di dover accettare una situazione intollerabile, quella di sottostare a Venezia capitale di Stato. L’errore dei Veneziani ebbe perciò gravissime, decisive conseguenze e divenne facilissimo pretesto di calunnie e di allarmi per i nemici della causa nazionale, a tutto suo danno. A Trieste, il fermento, che c’era e che aveva carattere così altamente nazionale, fu tenuto in agitazione anche dopo il 20 marzo dalle notizie venienti dalla Lombardia. L’eroica resistenza di Milano, appena saputa, sollevò grande entusiasmo fra i cittadini. « Con lagrime di gioia » accolsero i patriotti le notizie delle prime dimostrazioni veneziane. Il sentimento era così ardentemente diffuso, che persino il giornale ufficiale, VOsservatore Triestino, pubblicò una poesia inneggiante alla rigenerazione di Venezia! Lo stesso Bruck, espulso dalla Guardia nazionale per aver offeso il nome di Gioberti, affermava che il movimento generale di Trieste era italiano. Egli ne era tanto bersagliato, che stimò opportuno lasciare la città. Fuggirono allora anche il Papsch e un altro zelatore dell’Austria, il Platner, minacciati nella vita. Attesta il Salm che di quelli del Consiglio (il Kandler e gli altri), meno il Tomma-sini, che però aveva molti contro di sè, «nessuno era amato, molti anzi