MISEREVOLI CONDIZIONI DELLA CITTÀ 181 di marcire, in mano di alcuni speculatori veneziani, che le pagarono a prezzo così basso, che sembrò un’estrema derisione. Carlo VI mori nel 1740, dopo aver assistito al suo pieno fallimento adriatico, aggravato dalla infelice guerra turca incominciata nel 1736. Una relazione scritta per la Commissione del Commercio nel. 1738 da un certo Jordan, consigliere aulico della Boemia, mostra in quali condizioni si trovasse allora Trieste. Le vie d’accesso pessime: le strade cittadine così strette, che non potevano passarvi due carri affiancati. Le merci si scaricavano in piazza: una sola pesa e una sola bilancia, in una viuzza, dove i carri non potevano muoversi. Non v’era né fóndaco, né tettoia: le merci destinate alle spedizioni giacevano spesso sulla pubblica via, esposte alle intemperie e ai furti. Banchi e baracche delle fiere non erano che mucchi di legname marcito. Il mandracchio in buona parte era insabbiato. Tre galere della disciolta marina, vuote e immobili, ingombravano il porto nel mezzo: altre occupavano gli spazi destinati al commercio. Il San Carlo, con la carcassa semi-affondata, ostruiva l’ingresso del porto. Le navi mercantili facevano fatica a penetrarvi e spesso non riuscivano. Abbattuto un muro del lazzaretto per farne batteria, la contumacia ne soffriva e v’era pericolo d’infezioni, tanto che le navi levantine non venivano più, perché obbligate a far la quarantena a Ancona. Sporca era la città interna: le immondizie si gettavano nel fossato delle mura e ammorbavano l’aria. V'erano ancora acque stagnanti nelle saline e malaria. Ruggini e dissidii tra carradori e mercanti e tra mercanti e mercanti. Pessimo il sistema doganale, dominato dall’arbitrio. Ostinato l’ostruzionismo che, a base di dazi, faceva Venezia. Ma anche un altro avversario aveva Trieste: era la città di Bolzano la quale temeva che,'stabilito un commercio tra la Germania e l’Italia attraverso Trieste, si sviasse quello che da secoli adoperava, dentro le terre dell’imperatore, la via dell’Adige. Il Jordan valutava onestamente anche la lotta dei patrizi a favore dei loro privilegi e dello statuto cittadino [e trovava giusta quella difesa, giusta altresì l’opposizione a chi minacciava di annettere Trieste alla Carniola. Proponeva una riforma del governo municipale, che non fosse odiosa ai cittadini e utile ai commerci. Merita di essere particolarmente rilevata una nota del Jordan, perché spiega in modo lucido l’atteggiamento tranquillo della Repub-