IL POEMA DEL GIRALDI 83 si come quando i figli della Terra facian col Sommo Giove la gran guerra. Vi sono spesso delle semplicità e dei dialettalismi, che accentano il carattere primitivo della poesia. A esempio, dopo narrato l’episodio della sfida fatta dai Muggesani sul colle di san Vito, scrive: ciò fatto fu nel numero dell'anni undesse e mille e cinquecento: chi non mel crede, sovra il calendario di Luio ai sette veda ch’io non svario. Anche le invocazioni religiose hanno un andamento popolaresco da cantastorie, una non so quale aria da canzone di gesta. Dopo narrata la distruzione di Moccò così si rivolge a Dio: « 0 sommo Iddio, al tuo divino nume ricorro riverente e genuflesso, che concedi al mio ingegno tanto acume che già insufficiente mi confesso, e senza l’agiuto tuo invan presumo tant’opera seguitar sol da me stesso, tanto che io possa narrar l’istoria e lasciarne atti posteri memoria. Più ricercato e più dotto è il carme che il triestino Bernardino de Rho o de Roalias, detto anche del Piazentino, scrisse per la morte di Bartolomeo d’Alviano. Un’edizione delle opere di San Brunone, fatta dall’Ascensi a Parigi nel 1524, contiene nell’appendice alcuni distici latini di Antonio Possidio, sacerdote e giureconsulto, che dice sè stesso poeta laureato. Siccome i distici sembrano essere stati presi da un’edizione anteriore del Brunone, fatta a Basilea, il Possidio forse apparteneva ancora alla fine del xv secolo. La povertà intellettuale della sua patria dava, come abbiamo veduto, molto fastidio a Natale Cigotti. E ne parlava anche in versi nel suo quaderno di vicedomino (1546): Misera dir ti posso, 0 Patria mia, poiché priva ti veggio d’intelletto, né in te regnarvi altro che dispetto per l’ignorantia di cui mal ci adia...