124 L’IMPERATORE LEOPOLDO A TRIESTE cioè di Battista Nani, che fu a Trieste con l’ambasciatore veneziano e restò indignato delle accoglienze, che essa fece a così grande Signore. Egli riferì che Leopoldo entrò in città incontrato dal nunzio, dall’ambasciatore veneto e « da pochi della città, la quale veramente è stata mancante in tutte le apparenze di così grande occasione ». Continua il Nani la sua filippica: « Non fecero altro di grande che un baldacchino di sì sproporzionata grandezza che, essendo angustissime le strade, non poteva per esse passare, onde convennero per il più piegarlo non solo, ma romperlo ancora con universal derisione. Alloggiò Sua Maestà nella casa del Vescovato che trovò a muri bianchi con una sol sedia, non ebbe pure preparata la cena, onde in una città di mare non vi fu per lui pur un pesce, e con incredibile negligenza restò Sua Maestà quella sera con una panatella e poche ova servito, onde Sua Maestà si espresse che se non fosse stato per attendere li ambasciatori (di Venezia), se ne sarebbe la susseguente mattina partito ». La narrazione del Nani testimonia, certo, della povertà, ma anche dell’apatia e del vero sentimento che si nascondeva, in mezzo alla miseria generale, sotto le pompose manifestazioni ufficiali. A queste le regate, le danze e i fuochi d’artificio davano una rumorosa festosità, ben contraddicente alla meschinità e alla trascuratezza delle prime accoglienze.. « Ingresso punto solenne », disse anche un testimonio tedesco. La città era sempre divisa dalle fazioni: gli uni stavano più, gli altri meno stretti attorno ai capitani imperiali. Nell’aprile del 1664, durante una solenne cerimonia nella cattedrale di san Giusto, avvenne un grosso tumulto: partiti avversari vennero alle mani e la chiesa fu macchiata di sangue. Le cerimonie riparatrici mostrano essere state le ragioni del sacrilego tumulto in elementi avversi all’autorità imperiale e al vescovo Vaccano, che pontificava. Era capitano quell’anno Nicolò de Petazzi, che fu, nello stesso anno, trasferito a Gorizia. Malgrado le sue cortigiane e magniloquenti affermazioni di fedeltà verso il Sovrano, nemmeno il partito pili ligio al governo godette la fiducia di questo. Le liti erano incessanti: l’orgoglio di quei piccoli patrizi della piccola città-stato era sempre pronto a insorgere contro il capitano e questi sempre pronto a reagire con accuse di ribellione. Nel gennaio del 1669, avendo il capitano Gian Vincenzo Coronini mossi