IL DISACCORDO DEI VENETI 323 vano già fatto pagare la pena all’ingiuriatore. « Quell’odio che cova contro i Tedeschi fra voi — continuava — non lo è di meno fra noi, e speriamo darvene prova quanto prima, e vedrete da ciò se Trieste si può chiamar sorella della bella Venezia in tutto e per tutto ». Raccomandava a chi avesse ricevuto la lettera di diffonderne il contenuto e conchiudeva: << Unanimi pregheremo Iddio perché ci dia la forza da potersi sgravare da quel ignominioso giogo che i vili Tedeschi ci oprimono e grideremo per sempre W Pio IX e morte ai Tedeschi ». Era una sincera e commossa promessa, che nasceva da un cuore popolano, e che gli avvenimenti dovevano stroncare. Mancarono, purtroppo, accordi tra le regioni e le città del Veneto. L’agitazione a Venezia, dopo l’arresto di Manin e di Tommaseo, era grande. Dalla Fiumara all’Adige, tutte le terre venete erano in fermento. Nessuno pensò di coordinare le diverse parti per un’azione unica. Nessuno pensò, perché nessuno previde quale successo avrebbero avuto le manifestazioni, che non tendevano ancora all’indipendenza, ma alla libertà costituzionale, sospiro appassionato — come disse il Cantù — di tutti gli Italiani. In ogni città le agitazioni procedettero, quindi, con mero carattere locale. Quelle più vicine a Venezia o più direttamente ad essa congiunte ebbero vincoli naturali, immediati. Le due città poste alla estremità delle terre venete, Verona e Trieste, occupate dall’Austria con armate borghesi e militari, e più delle altre bisognose di organizzazione comune, rimasero staccate e abbandonate alle loro sole energie. Manin, che meditava la realizzazione del suo sogno, il risorgimento della Repubblica di San Marco, per inconcepibile errore s’era accontentato delle vaghe voci venienti dall’Istria e dalla Dalmazia e non aveva cercato in alcun modo di preparare il terreno necessario a quella ricostituzione, fidando che natura da sè avrebbe operato. Non si ebbe un lavoro ordinatore, non si ebbe, nemmeno una sètta veneta. Le moltissime relazioni correnti fra Trieste, Venezia, Padova e Verona avevano servito soltanto a diffondere le idee generali della libertà. Poco erano diffuse quelle dell’ indipendenza. Le città maggiori e le regioni avevano problemi storici propri e rivendicazioni statuali peculiari, che primeggiavano. I patriotti, quasi vivessero col loro sogno nelle nuvole, ancorché sapessero prendere atteggiamenti utili alle esi-