I PATRIZI DIFENDONO LE LIBERTÀ CITTADINE 177 tenere testa ai refrattari: i Triestini si stimassero felici, se si usava il modus non imperativus, ma suavissimus. L’Imperatore approvò tutto. Un nuovo impeto di sdegno prese i patrizi. L’interesse di casta può essere stato il più vivo ispiratore del loro agire, ma non fu né l’esclusivo, né il principale. Essi sentirono con chiara percezione, che si voleva sfasciare un organismo politico, che aveva resistito a tanti urti, che i Carniòlici stendevano anche una volta le mani sulla città agognata e che essa, ridotta alla mercè di chi sprezzava la nobiltà, messa nelle mani d’intriganti, speculatori, avventurieri, imbroglioni e stranieri, avrebbe perduto le sue libertà e il suo carattere. Risposero allTmpe-ratore con una forte protesta, in cui, dopo il solito preambolo cortigianesco e piallone, scrissero: « Ci vediamo sull’orlo della disperazione! « Dopo il fedele impegno delle pubbliche sostanze, impinguate col nostro sangue, per rendere ben servita la M. V. in riparo de mura cadenti, erezione di fabbriche per comodo de forastieri, escavazione dispendiosa del porto, rinnovazione de strade... dopo Tessersi spogliati di qualunque utile... dopo aver li forestieri cortesemente trattati, con diminuir per loro i pubblici proventi con discapito notabile... si vediamo inaspettatamente colpiti con la sua cesarea mano! » Accennavano al nuovo decreto, quindi continuavano: « Che il commercio possa essere il motivo di derogar le nostre patrie leggi et il cangiamento del governo?... « Che nel principio dell’introduzione del commercio abbi questa fedelissima città da provar fulmini così funesti, quali sarebbero nella derogazione delle sue leggi municipali, privilegi e cesaree resoluzioni? Ciò sarebbe un abbatterla in estremo, perché li nuovi abitatori, desiderosi di libertà, esecuzioni et amatori delle novità, ben presto procurarebbero di far le nostre leggi patrie per scartafacci delle loro merci, e pur troppo ci fu minacciato, che ben vedressimo quello ci sapranno fare li Cragnolini. « Iddio immortale! Che mai abbiamo fatto a questi di pregiudizio, per cui avessero con odio intestino a perseguitarci col collimare alla nostra rovina? Non è altro che nimia dominandi libido, quando noi, nati in libertà, non abbiamo a renderci soggetti, né dipendenti da altri, solo che al nostro augustissimo sovrano.... ». Chiusero la protesta rilevando i danni, che avrebbe portati la violazione dello Statuto e domandando di poter inviare un oratore Storia di Trieste, vol. II. 12