14 L’ASSEDIO IN MARE E IN TERRA perché i Triestini avevano fama di essere li più ostinati homini del mondo. Il vescovo Bonomo era ancora in città e animava i suoi a resistere, eccitandoli a provvedere a una disperata difesa. La sua grande forza morale non poteva non ottenere qualche successo, specialmente tra le vecchie case e nel Consiglio. Antonio Burlo, il cortigiano già ricordato, si trovava anche lui tra gli incitatori più autorevoli e più prodighi di sè. Le elezioni del 23 aprile sono certo indizio dei magri risultati di questa azione. Il 29 aprile il capitano si allontanò dalla città. Lo seguì anche il suo sostituto, Giovanni Sainost, « scorgendo — dice il Jenner — il popolo ammutinato e prossimo a ribellarsi ». Gli imperiali, che stavano alla difesa sulle mura, lanciavano intanto ingiurie grossolane contro le ciurme delle galee veneziane. Ne avevano trovata una ridicola assai: riferendosi al leggendario ratto delle spose veneziane, che si era attribuito anche ai Triestini, gridavano che questi le spose le avevano restituite gravide e che perciò i Veneziani erano bastardi dei Triestini: sarebbe stato quindi vituperio per loro rendersi ai loro bastardi. Anche per le vie, incitando alla resistenza, gli imperiali usavano frasi sconcie e velenose contro i Veneziani. Galvanizzavano gli elementi favorevoli alla lotta i capitani delle truppe tedesche, che formavano l’elemento pronto a reprimere ogni ribellione interna. Tra i più caldi imperiali si diceva vi fosse anche « uno zudìo ricchissimo », che faceva « grandissima spesa » per la resistenza. Nel Maggior Consiglio l’ostilità contro la resistenza era generale e le proposte fattevi dai capitani Andrea Auersperg e Giacomo Gali, per trattare della difesa, cadevano nel vuoto. 11 25 di aprile, la gente di San Marco (il fiore di tutta Italia, scrisse un cronista), comandata dal signor Bartolo, cioè Bartolomeo D’Alviano, levò il campo da Gorizia e mosse verso Trieste. Giunto a Duino, l’Ai-viano mandò Piero Quirini con una galea a intimare la resa. Ma « fu salutato de artilarie »; Del che l’Alviano si diceva contento « per poterli castigar a suo modo più presto che se i se havessero reso ». L’esercito veneziano arrivò sotto le mura di Trieste e piantò il campo il 1. di maggio. Messa a posto l’artiglieria, il dì seguente fu cominciato il bombardamento. Un Triestino, Daniele de Rossi, era coi Veneziani e dirigeva il fuoco dei cannoni postati nel cimitero degli ebrei in Mon-