148 I CARATTERI DELLA CITTÀ Più appariscente e di qualche stile — unica che sembri non essere di scuola veneta — è la pala di sant’Ignazio, ai Gesuiti, dipinta nel 1689. Memorie di pittori poche assai. Un pittore romano, Carlo Pappa-rocci, viveva a Trieste intorno il 1660. Circa lo stesso tempo v’era Martino Sveng, d’ignota provenienza, che nel 1661 dipinse una pala alla Madonna del Mare. Forse era triestino quel pittore Francesco Micor, che si ricorda nel 1674 e che sarebbe stato favorito da molte famiglie patrizie. Lo Stancovich ricorda un pittore triestino Prem (meglio Prima), che nel 1688 avrebbe dipinto il soffitto di Santa Chiara a Capodistria: ignoriamo da che fonte provenga la notizia, perché quella citata dallo scrittore non corrisponde alle sue indicazioni. Restano da ricordare alcuni oggetti d’arte industriale. Se volete, anche l’enorme armadione in legno scolpito, con popolareschi dipinti negli sportelli, che il vescovo Coronini fece fare in duomo, per le reliquie, avanti il 1646. Quattro anni più tardi (1650) venne fucinato a Lubiana, su disegno di artista veneto, il bellissimo cancello di ferro battuto, che chiude la cappella del Tesoro (fig. 21). Rimangono ancora fra gli arredi sacri della cattedrale alcune lampade donate dal vescovo Vaccano nel 1663 e dei candelieri avuti nel 1677. Rimane anche l’elegante croce d’argento (fig. 20), comperata a Venezia nel 1685, che ha da una parte il Crocifisso circondato dagli evangelisti e dall’altra una figura della Madonna, circondata sui bracci dalle tre Marie. Il quadro dianzi abbozzato non è vasto, né lieto. Il Seicento, che fu tanto suntuoso e sfolgorante a Venezia e nel resto d’Italia, ha lasciato poche memorie di sè anche nel Friuli e nellTstria. A miglior ragione a Trieste che, spartita tra elementi istriani e friulani, ebbe ben altra sorte che quella di riscaldarsi ai raggi benefici dell’astro di San Marco. La sua piccolezza, le sue sterili lotte, la sua povertà sono rappresentate dai documenti artistici e culturali. Unica bella opera, il Palazzo comunale: anche in ciò era espressa la condizione morale della città, quel nobile e ardente spirito municipale che gonfiava il suo esile corpo.