— 382 — sola compagnia le palle e le bombe nemiche : rispondere col fuoco al fuoco ed esser sicuri che prima o dopo la morte li coglierà, senza che niuno forse rammenti il loro nome e dica come nobilmente hanno combattuto. Quanta costanza, quanto valore in quei fieri soldati ! 10 mi ricordo di quanto dicevami in quei giorni un bravo ufficiale della legione delle Alpi. Egli avea pugnato in tutte le battaglie, che l’esercito sardo combattè nel 1848-49, come foriere e poscia ufficiale nei bersaglieri. Dopo Novara diede la sua dimissione e corse a Venezia per combattere nuovamente per l’Italia: fu colà ricevuto festosamente, ed ebbe comando di. capitano. Dopo rimasto per un giorno al piazzale di S. Antonio, quantunque tante volte avesse udito il fischio delle palle e visto in faccia il nemico, confessava, con quella modestia che è propria dei veri valorosi, essersi quel dì sentito diventare nuovamente coscritto. La fiera lotta continuò senza respiro, senza interruzione tutto il giorno, nel successivo, sempre fino alla caduta di Venezia per lo spazio di 70 giorni. Quanti mai ne caddero, e chi può rammentarne i nomi ? Furono giorni tremendi per tutti, e forse più felici coloro che trovarono la morte combattendo ! 11 forte di S. Secondo sosteneva la batteria di S. Antonio : erano colpi terribilmente precisi, e si scorgevano i danni recati in S. Giuliano dalle batterie italiane. Il popolo, sempre faceto anche quando avea fame, diceva che quella era una baruffa di tre santi. Fu una baruffa lunga e tremenda, che ha pochi riscontri nella storia. Alla sera la batteria era tutta sconquassata. Di sette cannoni, due soli rimanevano atti a servire ; gli altri cinque