— 298 — dai nostri guidati dal maggiore Sirtori e dal capitano Virgili, dovettero precipitosamente abbandonare quel posto, incalzati per lungo tratto di cammino dagl' Italiani, che vi si stabilirono definitivamente. A Ghioggia tutto era stato approntato per l’uscita delle truppe, e gli ordini diramati ai comandanti dei vari corpi; attendevansi solo notizie delle prime fazioni campali dell’armata sarda e l’ordine del governo onde cominciare l’offesa. Nel 26 di mattina una voce vaga ed indecisa si diffondeva, narrando di sinistri avvenuti all’esercito di Carlo Alberto ; poscia altre notizie di prospere e felici vittorie : queste voci per tutto il giorno si mantennero insistenti e contraddittorie. Nel 27 al mattino fu recato a Manin un dispaccio del generale Haynau, che racchiudeva la triste realtà ('). Una battaglia a Novara, esso diceva, seguita dalla totale disfatta dell’esercito sardo, toglieva a Venezia l’unico suo appoggio. Il governo dover comprendere che la resistenza non poteva sostenersi lungamente ; consigliare quindi di rimettere la città al suo legittimo sovrano a condizioni vantaggiose, che non si potrebbero più sperare se altro consiglio prevalesse. La funesta notizia riuscì ben dolorosa; essa distruggeva speranze tanto lusinghiere e lasciava Venezia ormai sola e senza aiuti. L’abbattimento fu grande e la caduta dell’amata città da quel momento prevista. Però niuno pensò, neppure per un momento, a patteggiare con l’Austriaco. I Veneziani riserbavansi a dare un grande esempio di patria virtù. Il governo, e per esso Manin, nel quale si concentra- (') Vedi Documento XXIII.