— 413 — » meno animose i mariti non tornano a casa perché non » li commovano i pur sommessi lamenti. La piazza di S. Mar-» co non fu mai onorata di frequenza più bella. L’ antico » vestibolo era tutto una preghiera in atto ; e quelle fami-» gliuole di profughi nella città 'dove nacquero, altri seduti, » altri adagiati a dormire, altri celiando sul pericolo, altri » pacatamente dolendosi della celia, ma senza querela, altri » ragionando di tutt’ altro come se fossero a veglia, come » gente usa ai cimenti della guerra, come se questa fosse » una delle solite feste a’ Veneziani sì care, ispiravano am-» mirazione e tenerezza in chiunque abbia viscere d’umani-» tà. Commosse, più che a compassione, a reverenza gli astanti » una povera madre con molti fìglioletti, alla quale mancato « il latte s’ offerse un’ altra del popolo che forse non l’aveva » mai vista, e prese il bambino affamato, e seduta alla so-» glia del venerabile tempio, essa venerabile nella esube-» rante sua povertà, lo allattava. » Alcune delle palle nemiche sfondarono il tetto e più » piani : uno solo fu nella prima notte il ferito ; pochissimi » nelle ore seguenti : e pur le palle piovevano fitte. Ma a » sviarle dai capi fidi vegliavano le potenze celesti, secondo » il detto d’una giovane donna, che, sentendo parlare delle » potenze d’ Europa : Abbiamo anghe noi, diceva, le nostre. » E nelle semplici parole d’ una giovanetta del popolo è » non so che fiero e rassegnato, che rammenta il motto di »Leonida, echeggiata da secoli; perch’ella, facendo una » spesa : Dammi il mio giusto prima che andiam tutti sot-» terra. » La civica alla custodia delle case lasciate vuote ed » all' ordine vegliò con la solita cura, alleviatale dalla santa