— 94 — che assai presto successero. Le sole città di Treviso e di Padova ebbero il pensiero di organizzare corpi regolari. I cacciatori del Sile e la legione Italia libera, che tanto s’illustrarono nella difesa di Venezia, furono creati in Treviso, affidandone al bravo e prestante capitano Gheltof la formazione. A Padova la legione Euganea si dovette alle cure del veterano colonnello Zanellato e dell’ ingegnere Cavalletto : corpi questi che però non ebbero tempo di ordinarsi solidamente, poiché il ritorno degli Austriaci li costrinse a rifugiarsi a Venezia. Il Cadore ed il Bellunese, regioni alpine abitate da una razza virile e coraggiosa, preparavano difese in quelle difficili gole, onde opporsi a minacciate incursioni nemiche. Il tenente-colonnello Calvi ne assumeva la direzione e col suo slancio e con la sua bravura seppe difendere lungamente quei monti, sino a quando, sopraffatto dal numero degli Austriaci, dovette desistere e ritirarsi a Venezia ('). Frattanto Carlo Alberto avea passato il Ticino, e, fattosi campione della indipendenza d’Italia, rivolgeva il seguente proclama ai popoli di Venezia e di Lombardia : » Popoli della Lombardia e della Venezia ! » I destini d’Italia si maturano; sorti più felici arridono » agl’ intrepidi difensori di conculcati diritti. (') Pietro Fortunato Calvi, veneto, fra i più valorosi difensori di Venezia, fu uno dei martiri più sacri all’ Italia. Quando, alcuni anni dopo la caduta di quella città, sprezzando impavido i perigli di un’ animosa impresa, calava nuovamente nel Cadore, solo, senza compagni, onde muovere guerra all’Austria, fu preso e condannato a morte. Subì imperterrito il supplizio, sfidando sino all’ ultimo respiro l’abborrito straniero. Avvoltosi da sè il fatai nodo intorno al collo, gridò: viva l’Italia: poi si abbandonò alla stretta del boia.