— 171 — mostravasi minaccioso; nelle valli di Rendimera e d’Antoia con doppie forze combatteva contro gli abitanti di Auronzo, Lozzo e d’ Oltrepiave. Ovunque la lotta fu micidiale, ma gloriosa pei bravi Alpigiani : respinsero in ogni punto il nemico e meritarono dalla patria d’essere chiamati fortissimi, mentre pochi ma indomiti seppero resistere alle soverchiane per numero falangi nemiche. Sturmer, dappertutto ributtato, raccoglieva le sue affaticate genti, accingendosi di tentare un assalto meglio combinato e che riuscisse efficace. Egli contava precipuamente sulla fame che facevasi sentire nella popolazione cadorina, la quale tutto riceve dalla sottostante pianura del Veneto. Bloccati da un mese e mezzo : senza provvigioni accumulate, non avendo previsto una lotta di tanta durata : sforniti di munizioni, poiché tutte consumate nei molti combattimenti sostenuti, e scoraggiati dalle tristi notizie del Veneto, la lotta per poco ancora poteva durare. Difatti Sturmer, visti mal guardati i varchi di Forni e superatili, improvvisamente mostrossi nel cuore del Cadore. La resistenza diveniva inutile; per cui il 4 giugno Calvi sciolse i suoi prodi dal giuramento, facendo loro presentire la speranza di vicina riscossa. Seguito da pochi, potè recarsi in Venezia, dove organizzò la legione delle Alpi, che in seguito sotto i suoi ordini tanto si distinse. Cosi fu combattuta la guerra d’indipendenza nel Cadore, aspra, sanguinosa, e dove il valore di pochi tenne indietro un nemico dieci volte più numeroso. Se tutti gl’ Italiani in quell’ epoca avessero combattuto come fu combattuto nel Cadore l’Italia sarebbe stata libera nel 1848.