— 23 — » pena; io non credo che si voglia convertire l’ospedale » dei pazzi in una succursale delle prigioni. » Se Padovani è colpevole, vi sono delle leggi e dei ma-» gistrati; egli può essere punito da una procedura legale » a tenore del modo ordinario. E se Padovani disturba la » polizia, esiste un mezzo assai semplice di sbarazzarsene. » Egli consente, anzi egli domanda, ad emigrare, proponen-» dosi di guadagnare la sua vita con 1’ esercizio della sua » professione in un paese dove non lo conturbi la memoria » dei suoi passati infortuni. » Senza altro mandato che quello che deriva dall’ ob-» bligo morale di assistere i disgraziati e di difendere gli » oppressi, io oso indirizzarmi a questo Governo allo scopo » che s’informi e provveda. Daniele Manin ». Questa lettera sorprese il governatore non avvezzo a si nobile e franco linguaggio ; ma, invece di farvi ragione, andava ripetendo sdegnato a quanti lo attorniavano, che « sarebbe stato bene liberare il Padovani per rinchiudere » in suo luogo all' ospitale dei pazzi l’avvocato Manin. » Questa la giustizia dei proconsoli austriaci. Daniele Manin cercò pure di togliere certe rivalità, che avevano fino allora diviso i popolani di Venezia in Castellani e Nicolotti (cosi denominavansi le due fazioni plebee dai quartieri cui appartenevano), che traevano le origini da tempi remoti e dalle gare annuali nella corsa dei navicelli. La polizia ne manteneva gelosamente i rancori e se ne aveano di quando in quando risse sanguinose e domestici lutti : ma la operosità del Manin, la sua persuasiva facondia tolse di mezzo i vecchi odi, e giunse a tanto da indurre