gesta degl’ Italiani in Ispagna e le battaglie da lor combattute nelle memorande campagne di Wagram e di Russia. Quelle lezioni, mentre eccitavano le nostre giovani anime a calcare le orme gloriose de’ padri nostri, vi destavano un senso di vergogna, additandoci l’Italia dilaniata dallo straniero e schiava a tanti tiranni. Quanto di più ostile all’ Austria e a’ suoi satelliti stam-pavasi fuori della Penisola era da noi tutti avidamente letto : sebbene che, le opere di Guerrazzi, del Berchet, di Pellico, di Massimo d’Azeglio e di altri molti fossero proibite, nondimeno ci venivano fornite dagli amici nostri, perchè sparse a Venezia in gran copia. Emilio Bandiera, e, più tardi, Domenico Moro mostra-vansi sopra tutti entusiasti; e mi rammento come il primo di loro prediligesse fra i sommi uomini dell’antichità Epaminonda, e fra i moderni Kosciuszko : ambidue difensori della indipendenza della loro patria. Cosi in un’ accademia austriaca, sotto la vigilanza di una polizia sospettosa, cresceva una gioventù ardita e patriottica, odiatrice del dominio straniero, e pronta a qualunque sacrificio per la patria. Nel 1836, avendo compiuti i cinque anni di corso, indossai per la prima volta l’uniforme di guardia-marina. Nello stesso giorno Emilio Bandiera, e due anni più tardi Domenico Moro uscivano da quell’ istituto. Fino al 1839 fummo divisi, ricevendo differenti destinazioni. Dal mio canto, compiute molte crociere, ebbi la sorte di prender parte alla guerra del Montenegro. In quell’ epoca la marina austriaca poteva essere considerata quale marina veneta, essendo composta di ufficiali