— 2(30 — esercito per lo scacco subito, furiosa si rivolse alle potenze mediatrici, accusando il governo veneto di aver rotto violentemente 1’ armistizio di Milano, e di non rispettare le trattative pendenti per assestare gli affari italiani. Essa minacciava rappresaglie terribili, quando non fossero impedite all’ altera città delle lagune le ostilità, che avea tanto bene iniziate. Però taceva gli atti di pirateria dalla sua squadra commessi ; non parlava del blocco dichiarato a Venezia, e delle opere d’ assedio che sorgevano intorno Marghera. Queste cose, celate dall’Austria, non furono ricordate dai plenipotenziari; per cui il governo di Piemonte, da essi stimolato, indirizzava il giorno 3 novembre ai membri del governo provvisorio una lettera (*), nella quale lo pregava di rimanere nella difensiva più assoluta, e non dare appigli all’Austria di recriminare presso le potenze occidentali. Soggiungeva inoltre che, se le sue esortazioni non trovavano ascolto, sarebbe stato per esso doloroso il dover ritirare la flotta inviata a difendere la laguna. Contemporaneamente il vice-ammiraglio Albini aveva interpellato da parte del suo governo 1’ ammiraglio austriaco, perchè le ostilità commesse contro Venezia cessassero, dovendo la medesima ritenersi compresa nell’ armistizio e goderne quindi gli effetti. Soggiungeva avere il governo francese chiesto nelle conferenze, che Venezia non fosse molestata, e doversi quindi attendere una decisione in proposito. La risposta non si fece aspettare. Negavasi in essa essere Venezia compresa nell’armistizio, negavasi aver la Francia (') Vedi Documento XIX.