_ 424 — Nè il padrone né i famigli soffersero nella persona ma il danno recato nella proprietà fu assai considerevole. Avevano appena finito di compiere quest’ atto vandalico, quando si accorsero dello sbaglio commesso, e vieppiù inviperiti avrebbero salite le scale per vendicarsi del cardinale, se fortunatamente non fosse accorso Tommaseo, l’illustre cittadino tanto venerato dal popolo. Egli parlò all’ adirata moltitudine, la convinse del danno che recava all’ onore della città finora così nobilmente mantenuto ; disse che i vili, che chiedevano la resa quando ancora potevasi resistere, meritavano il disprezzo e l’abbandono. Rammentò come sia dannoso ad un popolo ascoltare le inconsiderate suggestioni della collera ; che in tal modo i disordini faciliterebbero 1’ entrata agli Austriaci ; esortava infine a fidare nell’ assemblea e nel governo, incapaci di commettere una viltà. Queste parole valsero a quietare gli animi. Frattanto altri cittadini erano accorsi, i quali compirono 1’ opera di pace tanto bene cominciata dal Tommaseo. La moltitudine si disperse, ed il patriarca non fu minimamente molestato : solo forse dalla paura. Questo fatto, in seguito, quando gli Austriaci furono padroni di Venezia, servì di pretesto per sevire contro molti dei più onorevoli fra i cittadini, che furono chiusi in carcere, e contro dei quali si ordinò che fosse istruito un processo, interminabile per gl’ indugi che la stessa polizia suscitava giornalmente. Il giorno 5 si riuniva 1’ assemblea in seduta secreta. Il ministro delle finanze Pesaro Maurogonato rappresentava che, essendo esauriti gli ultimi sei milioni del prestito, era necessario che un novello di altri sei milioni fosse decretato e garantito dal paese. A tale proposta una com-