— 380 — amata, la cui voce si distingue in mezzo a mille, così il popolo riconosceva il suonq del cannone di S. Antonio fra il rombo continuo di cento artiglierie. S. Antonio divenne pei Veneziani parte di loro stessi, l’unico amico che ancora li proteggesse. In quel giorno l’assediante apriva il suo fuoco: egli avea smascherato in S. Giuliano due batterie armate di 16 grossi pezzi ciascuna, fra i quali 4 obici : inoltre altra batteria di 8 mortai lanciava bombe contro la città e contro i forti. Negli archi rotti del ponte quattro mortai tiravano pari-menti, ed infine la batteria della testata cominciò anch’ essa ad aprire il suo fuoco. Le barche che lavoravano, furono colte da quella grandine improvvisa; alcune poterono fuggire, altre furono affondate. Il primo atto di raro coraggio dimostrato in quella giornata compivasi da un marinaio, certo Andreis. Una barca, abbandonata dal suo equipaggio, vagava sola spinta dal flusso verso S. Giuliano: essa stava già a più di 200 metri dalla batteria, quando egli gettatosi nella laguna, potè in mezzo alle palle che gli fischiavano intorno, raggiungerla. Vi saltò sopra e lentamente con ammirabile sangue freddo librandosi sul remo, tra gl’innumerevoli proiettili che gli erano lanciati contro, la condusse a salvamento. Quest’atto di sovrumano coraggio fu salutato dagli applausi dei cannonieri dei presidi di S. Antonio e di S. Secondo. La batteria del piazzale era comandata dall’ intrepido tenente-colonnello Cosenz. Armata di 7 pezzi da 18 e da '24 e di due mortai, rispose con incredibile energia al fuoco superiore del nemico : S. Secondo dal canto suo gagliarda-mente la sosteneva. Chi non si è trovato ad una simile fe-