— 437 — » altra volta disprezzato, oggidì venerato dai nostri amici » e dai nostri nemici medesimi. » Il principale merito è dovuto soprattutto al lavoro » costante, infaticabile, vigilante della guardia civica. » Un popolo che ha fatto e sofferto ciò che il nostro » popolo ha fatto e sofferto, questo popolo non può perire ! » Deve venire un giorno, che il fulgore del suo destino ri-» sponderà ai vostri meriti. » Quando questo giorno arriverà egli ? Ciò è nella mano » di Dio. Noi abbiamo seminato : il bene seminato in questo » buon terreno porterà i suoi frutti. » Delle grandi sventure possono sopravvenire ; esse sono » forse imminenti. Queste sono delle sventure, delle quali » noi avremo l’immensa consolazione di poter dire : — esse » sono venute senza colpa nostra ! — Ma, quantunque sia » al di sopra delle nostre forze di allontanare queste disgra-» zie, ciò che sarà sempre in nostro potere è di mantenere » intatto 1’ onore della nostra città. A noi appartiene di » conservare ai nostri figli questo patrimonio, forse per un » giorno vicino ! A noi di vegliare su questa opera gloriosa, » senza la quale, tutto ciò che è stato fatto sarebbe perdu-» to ; senza la quale diverremmo lo scherno non solo dei » nostri nemici, ma, ciò che è peggio, ancora degli amici » medesimi ; senza la quale, infine, noi saremmo preda di » schernitori senza cuore, che cercano sempre trovare in » falso chiunque è disgraziato ! Che un giorno, un solo, » Venezia cessi d’ esser degna di sé stessa, tutto ciò che » avrà fatto sarà obbliato, perduto ! » È per questo che io ho pregato la guardia cittadina, » già prostrata da tante fatiche, colpita da tanti dolori, di