— 444 — o da emissari che andavano promettendo soccorsi e spargendo calunnie contro Manin, e contro Venezia stessa, che accusavano esser causa dei disastri toccati alle armi venete. Costoro agivano contro l’interesse comune, illusi da una idea che non sarebbesi contrastata, se la guerra con più fermezza e concordia fosse stata condotta. Non è una colpa per i Veneziani 1’ affetto che allora mostrarono alle gloriose memorie della loro città. Era impossibile che quel popolo dimenticasse il proprio passato; quando le tradizioni, i monumenti e, per così dire, ogni pietra gli ricordavano le vittorie, la prosperità e la grandezza della caduta repubblica. Nè dobbiamo dimenticare che, acclamando la repubblica, era appunto a questo glorioso passato, anziché ad una forma particolare di governo, che i Veneziani applaudivano. E lo provò infatti anche più tardi lo stesso Manin, quando, disdetta la fusione per non soggiacere alle conseguenze dell’armistizio Salasco, allontanò da Venezia taluni che vi si erano recati a far propaganda d’idee repubblicane. Altre considerazioni meno nobili, ma però più atte a colpire le deboli immaginazioni, erano poste in campo dai mestatori politici della fusione. Dicevano apertamente, che il re di Piemonte non avrebbe affrontato le schiere austriache per crearsi un governo repubblicano ai confini ; che era naturale che egli lo avversasse e lo disapprovasse, non potendo sopportare che per opera sua e pei suoi sacrifici acquistasse libertà un paese, che si era dichiarato contrario alla monarchia colla forma di governo che si era data. Queste voci si appoggiavano al fatto che 1’ esercito sardo rimaneva lungo il Mincio senza spedire un corpo regolare