— 185 — zione di quanto sarebbesi deciso dal parlamento di Torino, ed attendevano dagli avvenimenti lo svolgimento delle sorti a loro serbate. L’Austria avea raddoppiate le sue forze nel Lombardo-Veneto, e, deludendo le proposte di accomodamento sulle basi della frontiera dell’ Adige, apparecchiavasi a vincere il nemico ormai minore di numero. Il vecchio maresciallo, dopo la resa di Vicenza, scorgeva nel suo esercito ritornare la confidenza e la disciplina scossa dalla rivoluzione gradatamente riordinava i suoi battaglioni. Nel campo sardo all’incontro scemava 1’ ardore nei soldati, e la disciplina fatalmente di giorno in giorno scapitava. Quell’esercito era stato rinforzato da una divisione lombarda poco agguerrita e mediocremente armata: alcune compagnie di volontari lo avevano pure raggiunto, ma an-ch’ esse stremate di numero e malcontente di essere in mezzo a corpi regolari, dove non trovavano certo tutte quelle adulazioni, cui s’ erano abituate per opera dei demagoghi, e dove i vanti, le pretese e la indisciplina di molti di loro aveano tanto minor titolo e modo d’ essere tollerate, quanto maggiori in quell’ epoca cominciavano nel-1’ esercito a farsi strada le recriminazioni per l’isolamento nel quale era rimasto, per il municipale esclusivismo che avea determinato 1’ organizzazione di truppe lombarde autonome, invece di far affluire ai depositi dell’esercito combattente le reclute di quel paese, e soprattutto per il modo con cui alcune adunanze politiche e non pochi giornali continuavano a spargere malevole insinuazioni contro l’esercito regolare e re Carlo Alberto. Per tali motivi poca armonia regnava fra Lombardi e Piemontesi, e quei rinforzi 24