10 interuppe, dicendo: « Siamo noi venuti qui per ricevere » dei rimproveri secondo il solito, o per discutere? » A che 11 governatore replicava irritato, non dirigere il suo discorso all’Avesani, ma al podestà di Venezia ; che d’altronde egli avea riunito il suo consiglio, il quale deciderebbe sulle loro domande e che intanto volessero esporle. Avesani allora le formulò, intimando al governatore che cedesse il potere al municipio, il quale si chiamerebbe garante della tranquillità di Venezia; e con dignità soggiungeva che reputava necessario, viste le critiche circostanze nelle quali versava la quiete pubblica, che tosto rispondesse, poco importando se i poteri, dei quali era investito il conte Palffy, non fossero sufficienti a concedere quanto si domandava, poiché in ogni caso egli poteva cedere ogni facoltà al comandante militare della fortezza, cui già spettavano di diritto. In quel momento il conte Marcello entrava nella sala del consiglio e riferiva come la gran-guardia della piazza fosse caduta in mano dei cittadini e come i cannoni stavano puntati contro il palazzo governativo. Contemporaneamente il Palffy riceveva avviso che Manin erasi impadronito dell’arsenale, e seppe come il Martini fosse trattenuto prigioniero, mentre il pronunciamento dell’intero corpo della marina in favore dei sollevati non gli lasciava alcuna speranza di contrastare ai Veneziani la padronanza dei loro destini. Si persuase che il potere civile non bastando a far fronte alla critica situazione, solamente il potere militare aveva ancora probabilità di riuscita, qualora si fosse risoluto a combattere colla forza la rivoluzione : laonde pensò deferire al comandante delle truppe, tenente-maresciallo Zichy, le proprie facoltà, ed alla presenza della commissione del municipio