— 436 — tevano riuscir funesti alla fama incontaminata della nobile città. Il governo, oltre a dover lottare contro le crudeli vicende del destino, dovea altresì sorvegliare costoro e mantenere la calma e la tranquillità nella popolazione fino al-1’ ultimo istante. A prevenire siffatti mali Manin rivolse ogni sua cura ed, aiutato da molti cittadini onesti e patriotti, cercò calmare le ire e la disperata collera, che, a bella posta, dai tristi erano suscitate con discorsi di sortite in massa contro gli Austriaci, di pusillanime condotta del governo ed altre calunnie con arte sottile ovunque seminate. Costoro agivano per conto dell’ Austria, la quale sarebbe stata felice di penetrare a Venezia per forza propria, aiutata dalla guerra civile che indubbiamente scoppiava, se le male arti avessero prevaluto. Fortunatamente, per l’onore di Venezia e per il bene d’Italia, ciò non accadde, e lo si deve al senno del popolo veneziano, all’ energia di Manin ed alla vigilanza instancabile della guardia civica. Il presidente del governo raccoglieva quest’ ultima, ed affidava ad essa la custodia dell’onore di Venezia. Nel giorno 13 pronunciò alla medesima il suo ultimo discorso : fu una scena straziante che commosse alle lagrime. Manin dal balcone del palazzo del governo disse alla guardia nazionale e ad innumerevole popolo colà adunato le seguenti parole, che erano un avviso dei perigli cui 1’ onore di Venezia andava incontro, un’ esortazione a prevenirli, una preghiera di perdonargli se talvolta aveva errato : » Soldati cittadini, » Durante tutta la nostra rivoluzione, dopo circa 17 » mesi, noi abbiamo mantenuto puro il nome di Venezia,