— 20 — Fra gli scienziati brillava il principe di Canino. Egli indossava 1’ uniforme della guardia nazionale romana ed avea seco il poeta Masi, ora generale nell’ armata italiana. La sensazione che produssero fu vivissima: ebbero in ogni dove festose accoglienze ; ed era pure strano vederli percorrere le piazze e le vie della città, seguiti dalla folla che faceva loro corteggio, quasi a dimostrazione di reverenza e gratitudine al Pontefice, che primo in Italia avea istituita la guardia nazionale ne’ suoi stati. Ma la polizia austriaca si adombrò di ovazioni così spontaneamente prodigate, ed ordinava a quei due egregi di allontanarsi da Venezia e dagli stati imperiali. Tardi però giungeva questa misura, chè nella popolazione rimase il desiderio di quanto avea veduto, e maggiormente sentì il bisogno di libertà e indipendenza. Tra le dotte discussioni che giornalmente occupavano il congresso un incidente merita forse di essere riportato, poiché si riferisce ad uomo che tanta parte ebbe nella rivoluzione di Venezia e poscia nel suo governo. Lo storico Cantù in un suo rapporto asseriva « che le pacifiche conquiste della scienza erano le sole che duravano, e citava ad esempio la repubblica di Venezia, la quale, cresciuta in potenza per la conquista, da questa dovea essere distrutta. » Il rapporto che conteneva quel paragone inesatto fu coperto d’ applausi, perchè eloquente ed elevato di sentimenti : nessuno rivendicò allora la oltraggiata Venezia, che cadde per inganno e non per conquista. Daniele Manin fu il solo che protestasse con uno scritto, facendo notare come fosse erronea quella sentenza. Questo grande cittadino, che in tempi diffìcili e gloriosi seppe