famiglia per famiglia abbandonarono le case ruinate, cercando sicurezza nei quartieri della città non esposti alle offese nemiche. In poco tempo crebbero i fuggiaschi, divenne una processione incessante, dolorosa, che traeva le lagrime dagli occhi. Madri con figli lattanti al seno, adulti che reggevano il passo ai cadenti genitori, donzelle discinte e mezzo ignude, cieche dal terrore, seguivano la dolorosa via ; questi miseri cittadini rassomigliavano piuttosto a taciturni spettri che ad esseri animati. Non un grido, non un lamento usciva dalle loro labbra, solo tratto tratto una maledizione all’ autore di tanti mali, un’ imprecazione all’ Austriaco. In breve la piazza di S. Marco e le Procuratie che la contornano, il palazzo ducale e le vie adiacenti furono ingombre dai fuggitivi. Tanta sventura destava un’ immensa pietà, e si videro accorrere i cittadini più fortunati, le di cui dimore non erano colpite dai proiettili, in traccia di amici, di parenti, ed anche di sconosciuti, offrendo loro asilo, e dividendo quanto possedevano. Fu una gara santissima di affetto fraterno, di nobile emulazione ; giammai il cuore umano si mostrò così pietoso, così grande come nella notte dal 29 al 30 luglio in Venezia. In breve migliaia di quei derelitti furono raccolti dagli abitanti dei sestieri di Castello e di S. Marco : altri molti ripararono nei palazzi dello Stato, e quando le prime ore del giorno 30 furono illuminate dal sole, la città apparve trista bensì, ma il disordine della notte era sparito. Il fuoco continuò tutta la notte con pari ardore : le bombe penetrarono nell’ interno di Cannaregio, il sestiere più esposto, perchè più vicino al nemico ; le palle piene giun-