— 114 — segnasse le navi rifugiate, minacciando di bombardare la città; ma i consoli colà residenti, con alla testa quelli di Francia e d’Inghilterra, protestarono contro la minaccia dell’ammiraglio italiano, rendendolo responsabile dei danni che ne sarebbero derivati e dello sdegno delle potenze che rappresentavano. Così la repubblicana Francia e la liberale Inghilterra coprivano l’Austria della loro egida. Albini non osò; e ritiravasi ad ancorare la flotta a Pirano, porto della costa d’Istria a 18 miglia da Trieste, dal quale potea sorvegliare 1’ uscita degli Austriaci. Cominciava il mese di maggio, e Nugent con le sue schiere trovavasi accampato fra Pordenone e Sacile, attendendo i rinforzi che giornalmente gli erano spediti dalla Germania. Egli doveva scortare fino a Verona numerose batterie di campagna, di razzi, salmerie e viveri. Il suo corpo ascendeva a circa 20,000 uomini, e con esso dovea attraversare provincie insorte, ripiene di nemici, i quali, uniti, superavano di gran lunga in numero i suoi battaglioni. Titubante sulla via a prendere, decise finalmente di marciare sopra Belluno, dove avrebbe varcato il ponte del Piave e di dove sarebbe sceso a portare la guerra nell’alto Trivigiano. Con questo scopo, posta in movimento la sua colonna e giunto il giorno 4 maggio a Conegliano, ne lasciava parte a Susegana, rimontando col grosso delle truppe la sinistra del fiume. A questa marcia opponevasi il bravo Palatini, bellunese, che alla testa di 400 uomini, fieramente combattendo, per più ore tratteneva 1’ avanguardia austriaca, finché, sendo questa rinforzata dal generale Culoz, dovette battere in ritirata e, traversando Belluno non preparata a difesa, rag-