— 143 — ed offersero in seguito il pretesto agli altri principi italiani per legittimare la loro avversione alla guerra d’indipendenza. Non dirò certamente che il Borbone di Napoli sia stato indotto allo spergiuro e a tradire il suo popolo, dalla gelosia di un accrescimento di territorio al Regno subalpino. Egli aborriva per natura qualsiasi libero reggimento, e se cedè ai tempi ed alle circostanze accordando una costituzione, lo fece perchè stretto dalla necessità, inteso a spiare il momento propizio per riacquistare 1’ assoluto potere. Però cercò valersi di quel pretesto a scusa del suo tradimento. Pio IX stesso mostrò gelosia e diffidenza, ed accusò di ambiziose mire il re di Sardegna. La fusione meditata gliene fornì il motivo. Il governo di Venezia si accorse del male che quella politica produceva in Italia, e risolveva di non lasciarsi trascinare ad un atto precipitoso e di nessuna utilità pel momento. Questa deliberazione, dettata dal sentimento della propria dignità, consuonava col volere della popolazione di Venezia, la quale, se ne togli una piccola frazione che voleva la fusione immediata, aderiva completamente alle viste esternate da Manin, comentate dai giornali e da numerosi opuscoli, che quotidianamente uscivano sull’argomento ('). I Veneziani, quantunque amassero la forma repubblicana del loro governo, erano pronti a sacrificarla, come poscia avvenne ; ma non volevano essere a ciò costretti da tumulti di piazza (') I giornali principali pubblicati allora a Venezia, oltre la Gazzetta Ufficiale, erano II libero italiano redatto dal signor Levi, e il Sior Antonio Rioba scritto dal Berlan e da Augusto Giustiniani.