3>4 Sofferenza dell’ammiraglio naie e dal Mattino. Il 16 febbraio la Stampa, benché fino allora piuttosto ostile, ribattè a un attacco della Perseveranza sostenendo che dopo le conclusioni favorevoli dell’inchiesta l’indugio nella reintegrazione era ormai eccessivo. Il giorno dopo il Corriere della Sera venne di rincalzo con un articolo di fondo intitolato << Il caso Cagni » che impressionò per il tono risoluto di esaltazione e di difesa: diceva essere enorme che un uomo come Cagni fosse stato umiliato al punto da essere sottoposto al tribunale militare, unico ammiraglio italiano dopo Persano, e per un motivo ingiustificato. Di rimbalzo attaccava Millo. Benché l’interessato continuasse a tacere, oramai il “caso Cagni” era lanciato come argomento di accanite polemiche in ogni ambiente. Diventò il fatto del giorno. Mai tanto clamore aveva circondato il nome dell’esploratore polare, del salvatore di Reggio, del conquistatore di Tripoli. La situazione si faceva scabrosa: Cagni e Millo si trovarono messi di fronte, proiettati sulla scena politica, oggetti di vituperio e di esaltazioni appassionate. Il primo taceva ancora ma il secondo dovette difendersi alla Camera dove Cagni non poteva fare altrettanto. Il socialista Marangoni tornava sul preteso errore dello sbarco a Tripoli, rimbeccato dall’onorevole Di Saluzzo. Del resto, poco dopo, Giolitti dichiarò in seduta — e più tardi ribadì nelle sue Memorie — che lo stesso governo aveva premuto sul comando navale perché sollecitasse il bombardamento, ed aggiunse: « Sta di fatto che era urgente per ragioni politiche di occupare immediatamente Tripoli e Tobruk, sia per creare il fatto compiuto, sia perché non mutassero le condizioni allora favorevoli del mare ». Le polemiche continuarono: il Messaggero e il Secolo erano ostili all’ammiraglio; favorevoli invece L’Osservatore Romano e la Gazzetta di Venezia oltre i già citati. La Perseveranza si ricredette in favore e giudicò la ritardata reintegrazione come effetto di un cattivo partito preso: ne deduceva l’esistenza di gruppi opposti in seno alla marina e, rievocando i vecchi, penosi contrasti fra Sardi e Napoletani, fra seguaci di Brin e di Saint Bon, ammoniva sulla necessità di una maggiore concordia.