— 18 — tadino generoso che amava la patria, destò gratitudine in ogni cuore, una reverenza infinita per la persona, che finalmente sembrava voler rappresentare sulla terra il Dio della bontà e della clemenza. Carlo Alberto solo, fra i principi italiani, applaudì al grande concetto riformatore partito da Roma. Avendo rotto con la tradizionale politica austriaca, era per lui un prezioso conforto, un solido appoggio il nuovo atteggiarsi del capo della cristianità. Però questo monarca avea nel seno stesso della sua corte gli avversari più potenti e più pericolosi dei suoi generosi propositi. L’alto clero e parte del-l’aristocrazia, ligi all’ Austria, vedevano di mal occhio le concessioni, e cercavano con ogni loro possa di renderle vane ed inutili. Capo del partito era il Franzoni arcivescovo di Torino, pessimo prelato: più tardi l’arcivescovo di Cagliari. L’iniziata riforma di Roma aveva spaventato i duchi di Parma e Modena e il re di Napoli. Minacciati nella loro autorità, si strinsero attorno all’Austria, ed in Milano fecero capo le fila delle loro polizie. Il 9 settembre 1840 si apriva il congresso agrario di Mortara, riunione pittosto politica che scientifica. Vi convennero gli uomini più eminenti d’Italia per patriottismo e per idee liberali. Fu veramente da quel giorno che la popolarità di casa Savoia cominciò a farsi strada nella Penisola. Il conte Gherardo Freschi ed il conte Sanseverino, l’uno veneto e l’altro lombardo, in quell’adunanza applaudivano con acconci discorsi a Carlo Alberto nobile propugnatore della libertà italiana. Nello stesso anno e nello stesso mese il congresso degli scienziati radunavasi in Genova. Anche questo si apriva sotto