— 40 — zione divenire 1’ orgoglio di tutta Italia, 1’ ammirazione dell’Europa. I Veneziani non erano degeneri dagli avi : essi subirono un lungo stadio di prova. Il dominio austriaco, coi suoi tren-tatrè anni d’oppressione, ritemprava anzi la virtù di quel popolo, preparandolo ai giorni gloriosi, nei quali doveva emulare la fermezza dei Pisani, dei Bragadin e degli Zeno. Nessun paese, quanto Venezia, potrà vantare d’ essersi sobbarcato, con tanta serenità d’animo, ad una vera iliade di mali, a tanti sacrifici sull’ altare della patria. Ma l’esempio non fu indarno, e ce lo assecurano le battaglie del 1859 e 1860, e più ancora il meraviglioso buon senso e la concordia del paese, a cui devesi la conquistata unità. La rivoluzione di Francia aveva trovato un’ eco in quasi tutta Europa, e Vienna stessa insorgeva e strappava all’ imperatore una costituzione che doveva estendersi a tutto l’impero. Venezia ne aveva novella il giorno 16 marzo 1848. Nel giorno seguente la piazza di S. Marco offriva uno spettacolo insolito. Il popolo vi si era adunato e reclamava con alte grida la libertà di Manin e di Tommaseo. Erano allora governatori della città il conte Palffy, ungherese, per la parte civile, e il conte ’Zichy parimenti ungherese, per le cose militari. Le domande del popolo coglievano all’ imprevista queste autorità, le quali, pei fatti di Vienna, rimaste senza istruzioni, stavano perplesse nella scelta della condotta a tenersi. Per altro, dopo essersi lungamente consigliate, decisero annuire al desiderio così clamorosamente manifestato dal paese, e il Palffy faceva dire alla folla, essersi già dato ordine al tribunale criminale che rilasciasse il Manin, il Tommaseo