Nella sciagura 300 suo verificatisi anche nelle marine estere senza conseguenze per le carriere degli ammiragli. Altri giornali invece non vollero perdere l’occasione per infierire sotto il pretesto che non si poteva indulgere verso l’ammiraglio per i meritevoli precedenti personali. Naturalmente gli organi di sinistra si scagliarono contro l’uomo che personificava per loro il militarismo, l’uomo della disciplina e del dovere, il coraggioso avversario promotore del processo dei trenta-cinque, l’amico personale del Duca degli Abruzzi. L'Avanti ! pubblicò il 3 dicembre una volgare requisitoria prendendosela anche col ministro della marina: « Questi grandi uomini per decreto reale non potevano più presto rivelarsi per quello che sono: due inetti ed incapaci ». E deplorava che Millo non infierisse contro il collega. Un vile anonimo spedi quell’articolo a Cagni con questa annotazione: « Finalmente il vostro orgoglio di “parvenu” è tramontato per sempre! »; parole forse non scritte da un qualunque proletario, e forse ispirate dall’invidia e dal livore. In quei giorni il Duca degli Abruzzi era in crociera con la seconda squadra nel Mediterraneo orientale. Il ministro Millo, malgrado l’antica amicizia con Cagni, agi verso di lui con severità straordinaria per allontanare ogni sospetto di favore, sotto la pressione dello scandalo sollevato nel Paese stupefatto per il secondo incidente capitato alla stessa nave. Poi c’erano le campagne di stampa, l’ostilità dell’ambiente parlamentare e quella di Giolitti verso colui che aveva osato rifiutare una candidatura: un soldataccio presuntuoso, un amico dei nazionalisti. Giolitti non s’intendeva di navi più di Enrico Ferri, ma aveva il suo punto di vista sostanzialmente riassunto nelle parole che VAvanti! gli attribuì come rivolte a Millo: « Quella sera il tuo Cagni era ubriaco ». Spirito grosso del gran burocrate. E siccome Millo obiettava che Cagni era quasi astemio, lo scettico orditore delle pastette elettorali replicava che le sbornie sono più facili e pericolose negli astemi, quando bevono. In realtà Cagni, che pure non doveva ingerirsi della navigazione, la sera del disastro era stato il primo ad accorgersi dell’errore di rotta, benché troppo tardi. E in quel momento d’altro non era ebro che dei giusti onori ricevuti nella città da lui salvata. Nessuno poteva dargli lezioni di