— 376 — blica ; ad ogni sacrificio dai medesimi richiesto si aderì sempre con generale spontaneità. Ma a questo ammirabile popolo, a quei prodi soldati ed ai rispettati governanti le risorse venivano meno : il pane cominciava a mancare ! Infatti la commissione annonaria avea ordinato, che da allora in poi la confezione del medesimo fosse fatta con farina meschiata alla segala : esso era di colore oscuro, ingrato al palato e di difficile digestione. Si cercò di macinare 1’ avena, i fagiuoli, i ceci e di adoperarne la farina : non vi fu surrogato che non si cercasse rendere utile nella generale penuria. Le carni erano scarse e di cattiva qualità ; ma però conveniva gli ospitali ne fossero forniti prima di qualunque altro : il prezzo di esse cresciuto in modo, che la carne di cavallo (ed era fortuna 1’ averne) fu pagata due, tre ed anche più lire alla libbra ; un ovo costava una lira ; il vino da molto tempo consumato. Trovavasi solamente il così detto vino di Cipro, bevanda fabbricata da certo Giacomuzzi, e che pure era venduta a prezzo elevato. La polenta, cibo usalo dalle povere classi, distribuita per razione, non di perfetta qualità, perchè meschiata con farina di grano avariato. Soli in sufficiente quantità formaggi e salumi, cibi insalubri che producevano malattie dolorose. Niuna speranza di vettovagliare la città, poiché la flotta, per mancanza di vapori, era ridotta a nulla poter intraprendere, mentre numerosi piroscafi austriaci solcavano in tutti i sensi il mare e strettamente bloccavano la città. Il contrabbando, che erasi organizzato, produceva soccorsi assai tenui. Finalmente le sortite degl’ Italiani a Bron-dolo ed ai Treporti, che aveano recato qualche sollievo, non potevano più essere di utilità, poiché gli Austriaci