— 281 — » nel suo bel dialetto : Me meravegio ! interesse co se dà per » la patria? Questo tratto dipinge il popolo veneziano! » Però la Costituente italiana decretata li 7 novembre dai ministri toscani Montanelli e Guerrazzi cominciava anche in Venezia a portare i suoi frutti. Alcuni fra i più esaltati, che non conoscevano bene le cose ed erano solamente colpiti dall’idea di una Costituente accettata da tutta Italia, indignati dell’inazione forzata alla quale il governo era costretto, persuasi che unico mezzo per sortirne vittoriosamente fosse quello di aderire al programma di Firenze, minacciarono di destare funeste divisioni. Manin, e con esso ogni buon patriotta, non potevano dividere quelle illusioni : era necessario camminare concordi col Piemonte, dal quale solo avevasi avuto fino allora segni non dubbi di operosa amicizia ; in esso solo dovevasi sperare, poiché possedeva organizzato un numeroso esercito, quando negli altri stati d’Italia, dove Guerrazzi e Mazzini governavano, solo sonore frasi, idee non conformi ai tempi ed ai bisogni d’Italia, venivano formulate e discusse come pratiche e di certa riuscita. Di battaglioni, di artiglierie, delle quali tanto grande era il bisogno, non parlavasi punto; sembrava che l’Italia fosse libera ed indipendente e che nessun nemico la minacciasse. La notizia della proclamazione della repubblica a Roma, pervenuta a Venezia, diede campo ad apparecchiare una dimostrazione nel senso della Costituente. La sera del 13 febbrajo 1849 una quantità di popolo, guidato da alcuni caporioni, comparve davanti al palazzo governativo, gridando che voleva Manin. Egli comparve e con la solita sua eloquenza, tanto sentita dai Veneziani, disse : « Le mie opinioni è inutile eh’ io ve le esponga ; io 3f,