—158 — generale italiano disponeva di 6000 regolari fra Svizzeri e Romani e di altrettanti volontari: a queste forze devesi aggiungere qualche altro migliaio di Veneti e di cittadini che in quel giorno con ammirabile valore combatterono. Pochi, ma ben serviti erano i cannoni; scarse le munizioni. Nondimeno, conoscendo il valore delle sue truppe, e confidando nella fortezza delle posizioni, sperava poter trionfare del nemico. Durando credeva che un corpo di 20 a 25,000 uomini lo attaccasse : non supponeva che lo stesso Radetzky con l’intera armata avesse imprudentemente abbandonato il quadrilatero e movesse ai suoi danni. Dispose sagacemente che parte dei suoi Svizzeri, sui quali più confidava, unitamente ad alcuni corpi di volontari, avessero la difesa dei colli, affidandone il comando a Massimo d’Azeglio ed al colonnello Gialdini, che da pochi giorni era giunto a Vicenza ('). Le altre posizioni di porta S. Lucia, S. Bortolo, S. Croce e Castello, dove estendevansi i subborghi, guardate da altri volontari : mentre il reggimento svizzero Latour, i carabinieri e i dragoni pontifici formavano la riserva. Il primo assalto fu diretto dal generale Culoz in persona, che faceva attaccare il poggio S. Margherita, difeso da un battaglione comandato dal maggiore Gentiioni. Aspro fu il conflitto, nel quale, rimanendo ucciso il Gentiioni, gl’ Italiani scoraggiati si ritrassero alla villa Rambaldo, di dove, dopo un vivissimo combattere, furono sloggiati dalle preponderanti forze nemiche, potendo però ordinatamente ritirarsi a Ba-ricocoli, dove Massimo d’Azeglio ed il Cialdini li raccolsero. (') Attualmente Generale d’ armata nell’ esercito italiano.