— 428 — Il generale Ulloa esponeva poscia essere impossibile vettovagliare Venezia dal lato di terra, vista la condizione dell’ esercito, che, quantunque di un valore a tutta prova, era ridotto a troppo scarso numero per tenere anche per poco la campagna. D’ altronde faceva riflettere ché, se il nerbo della guarnigione uscisse da Venezia, questa poteva facilmente cadere in mano degli Austriaci. Egl’invitava perciò i militari presenti ad emettere i loro pareri all’ assemblea. Sorgeva allora il generale Cavedalis, dichiarando dividere 1’ opinione dell’ Ulloa circa il vettovagliare la città ; poiché, a parer suo, sarebbe lo stesso che lasciare Venezia e Chioggia in balia del nemico: soggiungeva che, in quanto ad esso, come soldato proponeva di munire i forti degli Alberoni, di S. Felice e di S. Pietro in Volta; Tarmata si ritirerebbe in quei punti ed unita alla flotta, certa di soccombere, perirebbe almeno con le armi alla mano. Egli però opinava che in circostanze così gravi sia necessario nominare un dittatore. I rapporti letti e le dichiarazioni fatte dal governo ai rappresentanti mostravano la tremenda realtà della condizione sventurata di Venezia. Per quei forti cittadini, resistere ad ogni costo significava usare tutti i mezzi possibili per tener lontano il nemico fino all’ ultimo tozzo di pane, all’ ultima carica di cannone. Questa estremità era vicina: dovevano forse condannare tutto un popolo alla sua totale distruzione, quando questo stesso popolo èra decimato dalla guerra, dalla fame e dalla peste ? Una orribile alternativa si presentava al loro spirito. Convinti che i Veneziani erano risoluti a tutto, piuttostochè